«Colei che può vendere qualsiasi cosa». Questo si racconta di Viya, nome d’arte di Huang Wei, la 36enne diventata rapidamente una celebrità di internet in Cina, capace di accumulare oltre 18 milioni di follower sul sito di microblogging Weibo e 80 milioni di follower su Taobao. Gli studi che hanno stimato il suo patrimonio parlano di cifre esorbitanti: si va dai 30 milioni di dollari fino a una incredibile valutazione di 1,25 miliardi di dollari. Viya è, di fatto, una commessa di negozio che sul web si trasforma in una opinion leader straordinariamente efficace: nel 2020 è stata capace di realizzare vendite per oltre 31 miliardi di dollari sul suo canale live streaming. Prigionieri a causa dei lockdown, i 37 milioni di seguaci di Viya hanno comprato tutto ciò che lei è in grado di offrire, dai vestiti ai prodotti di bellezza, dal cibo fino, addirittura, agli immobili.

Alcuni dei suoi fan l’hanno soprannominata “Dora-Viya”: un chiaro riferimento a Doraemon, il personaggio dei cosiddetti “anime” (le opere di animazione di produzione giapponese) che può tirare fuori qualsiasi cosa dalla sua tasca magica. Come lei, tanti altri live-streamer cinesi hanno sfruttato l’e-commerce, i social media e il potere mediatico personale per alimentare l’ascesa di un’industria multimiliardaria negli ultimi anni. Spesso i media statali hanno elogiato questi imprenditori, per lo più giovani, come esempi di innovazione cinese da imitare. Nei mesi finali del 2021, però, qualcosa è cambiato. La campagna per la “prosperità comune” avviata da Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare cinese, ha preso di mira proprio gli influencer che vendono online. Nel nome della lotta alla disuguaglianza, le autorità di Hangzhou hanno comminato a Viya una multa per evasione fiscale senza precedenti, pari a 210 milioni di dollari. Tutti i media ufficiali e gli organi governativi hanno prontamente appoggiato l’iniziativa con critiche feroci contro l’industria del live streaming accusata di “succhiare il sangue dall’economia reale”. Il Quotidiano del Popolo, organo del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, ha commentato che la multa di Viya dovrebbe servire da “sveglia” per tutti gli altri.

Dietro le motivazioni eticamente ineccepibili di “promozione di equità e giustizia” e di “rispetto delle normative” si nasconde però uno sforzo formidabile del regime per iniettare rigore ideologico nella nuova economia dopo anni di crescita esplosiva e per esercitare maggiori controlli e selezioni sulle industrie che possono rientrare nella visione economica di Xi. «Gli influencer online non sono considerati dai leader politici come i migliori modelli per la società e per i giovani», spiega al Washington Post Fang Kecheng, professore associato della Scuola di giornalismo e di comunicazione della City University di Hong Kong. «Dal punto di vista del governo, il live streaming non è una parte fondamentale della tecnologia. Fanno solo shopping e intrattenimento online e il governo pensa che non siano industrie importanti», sentenzia Yik Chan Chin, professore associato presso la Normal University di Pechino.
Le trasmissioni notturne degli influencer cinesi sono spesso un mix di spettacoli di varietà e di attività commerciali. Il format – che stimola gli spettatori a lanciarsi sulle offerte – ha guadagnato grande popolarità sulle piattaforme video, specie durante la pandemia. I risultati sono pazzeschi: l’anno scorso Viya è riuscita persino a vendere per 5 miliardi e mezzo di dollari un lancio di razzi promosso da una società aerospaziale cinese.

E Viya non è l’unica. Un altro influencer di enorme successo è Li Jiaqi, noto anche come Austin Li, senza dubbio il miglior venditore di prodotti di bellezza in Cina. Proprio per questo è conosciuto nel suo paese come il “Re dei rossetti”. Utilizzando i servizi di live streaming di Taobao, una volta ha venduto 15 mila rossetti in soli cinque minuti. Li Jiaqi ha quasi 40 milioni di fan su Douyin, la versione cinese di TikTok, dove di solito consiglia in live streaming i suoi prodotti di bellezza. Secondo i media cinesi le sue entrate nel 2019 hanno superato quelle di migliaia di società quotate in borsa. La sua ascesa sui social media è stata fenomenale nell’ultimo anno. Al punto che un gruppo di aziende, tra cui l’industria alimentare Danshenliang, ha cercato l’aiuto di Li per rilanciare le vendite dopo i colpi subiti dal coronavirus. Ma l’obiettivo di convincere le persone a comprare quanto più possibile è in contrasto con la campagna di Xi. L’iperconsumismo e le ostentazioni di ricchezza sono scoraggiati. Anche Li Jiaqi, pertanto, è caduto sotto la scure della repressione fiscale del governo centrale. A novembre, le autorità di Hangzhou hanno multato altri due importanti streamer per evasione fiscale. I loro account sulle piattaforme principali del paese – Taobao, un sito di e-commerce di proprietà di Alibaba, Douyin e WeChat – sono stati chiusi.

Ma le multe non bastano. Dopo aver pagato il suo conto con la giustizia fiscale, Viya è scomparsa dalla vista del pubblico. «Ho sbagliato. Sono disposta a sopportare tutte le conseguenze del mio errore», ha scritto la donna il 20 dicembre scorso su Weibo. Ma quali sono le conseguenze di questo “errore”? La pagina Weibo di Viya e i suoi account su Taobao e Douyin sono stati rimossi. Il suo spettacolo serale su Taobao è stato cancellato. Un silenzio che si è esteso anche ai suoi seguaci sul web. Non è chiaro se tornerà. E pensare che l’anno scorso Viya aveva raccolto fondi per le imprese di Wuhan travolte dal coronavirus, aveva promosso una campagna ufficiale contro lo spreco alimentare ed era stata premiata dalla Federazione statale delle donne cinesi per le sue iniziative per la riduzione della povertà nelle campagne. In verità, la chiusura dei siti degli influencer per ragioni fiscali manifesta un altro obiettivo del governo: mettere a tacere quei personaggi che, per la loro capacità di conquistare consensi e di orientare la popolazione, entrano in competizione con il potere del Partito Comunista.

Nel corso del mese di dicembre, la Cyberspace Administration of China, l’autorità che regola internet nel paese, ha rimosso più di 20mila account di influencer per “abuso della loro influenza online” e “divulgazione di contenuti fuorvianti”. Ad agosto, il ministero del Commercio cinese ha pubblicato nuovi standard che regolano il modo in cui i live-streamer dovrebbero vestirsi e parlare davanti alla telecamera. L’obiettivo? «Non violare l’ordine pubblico o il buon costume». Insomma, in Cina la vita da influencer diventa sempre più pericolosa. Come spiega il professor Fang Kecheng dell’Università di Hong Kong, «quando il governo ha bisogno di trovare qualcuno da reprimere, da punire, è più facile prenderli di mira». Ma la morsa di Xi sulle attività commerciali non compatibili con la sua visione moralistica dell’economia va ben al di là degli influencer. All’inizio di settembre, per esempio, gli spettacoli in stile American Idol con uomini ritenuti troppo effeminati sono stati banditi dalle autorità cinesi. Giorni prima, una delle attrici più ricche della Cina, Zhao Wei, ha cancellato da internet i suoi film, serie televisive e notizie come se non fosse mai esistita.

Durante l’estate, l’industria dell’istruzione privata – che in Cina gode di profitti miliardari – è stata decimata dal divieto di tutoraggio a scopo di lucro. Infine, le nuove normative hanno cancellato più di un trilione di dollari conquistati dai titoli tecnologici cinesi a febbraio. La repressione dell’economia scatenata dal governo cinese non risparmia quasi nessun settore. Si tratta di una vasta campagna di “rettifica” – che va dai servizi di trasporto alle assicurazioni, dall’istruzione al tempo che i bambini possono trascorrere sui videogiochi – che ridisegna i confini del business nel paese, perfino ai limiti dell’autolesionismo. Xi si prepara così al XX Congresso del Partito che si svolgerà alla fine di ottobre.

Journalist, author of #Riformisti, politics, food&wine, agri-food, GnamGlam, libertaegualeIT, Juventus. Lunatic but resilient