Gioventù bruciata disse qualcuno, gioventù dimenticata diciamo noi. E gli adulti? Soffiano sul fuoco. Perché fare poco equivale ad alimentare un fuoco che si nutre di indifferenza, di non curanza. Lo dicono i numeri, oltre che gli articoli di giornale che leggiamo ogni giorno. E quando gridiamo alle manette e a una gioventù che conduce una vita dissoluta tra alcol e coltelli, dimentichiamo che i ragazzi di oggi sono i bambini di ieri a cui non abbiamo prestato attenzione. E gli asili nido sono il primo luogo di accoglienza ed educazione. Vediamo cosa succede qui da noi.

La disponibilità a livello regionale è caratterizzata da un forte divario dell’offerta del mezzogiorno rispetto al centro-nord. La regione in cui ci sono più posti per i servizi per la prima infanzia è la Valle d’Aosta (45,7 posti ogni 100 bambini) seguita da Umbria (42,7) ed Emilia-Romagna (39,2). Calabria (11), Sicilia (10) e Campania (9,4) riportano i valori più bassi. Sono in tutto sei le regioni che superano la soglia definita dall’Unione europea. Considerando le strutture a titolarità pubblica, la Valle d’Aosta continua ad essere capofila con 32,3 posti ogni 100 bambini. Seguono la provincia autonoma di Trento (28,4) e l’Emilia-Romagna (28,1). In coda si trovano sempre Sicilia (6,4), Campania (4,3) e Calabria (3). Siamo penultimi. Peggio di noi fa solo la Calabria.

Puntiamo la lente di ingrandimento su Napoli. Quanto spende la città per i suoi figli minori? Poco, pochissimo. Secondo gli ultimi dati di Openpolis sulla spesa per interventi per l’infanzia, i minori e gli asili nido nelle città con più di 200mila abitanti, Napoli spende solo 33,35 euro pro capite. Il capoluogo è in fondo alla classifica, penultima posizione, peggio solo Messina che spende appena 3,86 euro per abitante. La distanza tra Nord e Sud è abnorme: Trieste per i più piccoli spende ben 197,63 euro pro capite. Ma cosa si indica con questa voce di spesa contenuta nei bilanci dei comuni? All’interno del bilancio d’esercizio, c’è una missione di spesa dedicata alle politiche sociali. Comprende tutte le voci dedicate alle fasce di popolazione più fragili. Una di queste è dedicata agli interventi per l’infanzia e i minori. Sono comprese le uscite per la costruzione delle strutture e la gestione dei servizi per bambini in età prescolare. Si parla di asili nido, orfanotrofi, centri ricreativi e interventi domiciliari. Si considerano inoltre le indennità per la maternità, gli assegni familiari, il sostegno a famiglie mono genitoriali o con figli con disabilità. Infine, sono incluse le spese per contrastare il disagio minorile e per le comunità educative. Oggi se parliamo di disagio minorile, parliamo di Napoli. Parliamo dei ragazzi che nascono e crescono nel ventre della città, che a volte accoglie e molto più spesso respinge.

Parliamo di Giovanni Guarino morto a diciotto anni con una coltellata al petto a Torre del Greco, parliamo dei due ragazzi che si sono uccisi ad Acerra. Parliamo di loro e dei tanti giovanissimi che escono di casa armati di coltellino. E quando diciamo che il Comune non investe negli asili nido in primis e in tutti quegli interventi per la crescita di un bambino, parliamo proprio di questo. Lo ha detto bene don Mimmo Battaglia nella sua omelia per celebrare il miracolo di San Gennaro, rinnovatosi anche quest’anno. «Il sangue scorre ancora e bagna la nostra città, attraversando i vicoli del centro e arrivando nelle piazze dei paesi della sua provincia – ha detto il vescovo di Napoli – Troppe volte in questo tempo ancora breve vissuto a Napoli ho dovuto accarezzare i volti di giovani madri piagato dal dolore inaudito per la perdita di un figlio ucciso senza colpa, magari nell’ambito di una discussione tra ragazzi». Ecco di cosa parliamo quando spulciamo i bilanci dei Comuni. Ora c’è una nuova amministrazione, certo, e tutti sperano in un cambio di passo. Ma il patto educativo non è ancora partito e sembra che l’unica soluzione sia ancora e sempre la repressione. Invece del manganello, si potrebbe provare a investire in lavagne e gessetti. Provare a utilizzare la cultura come unica arma contro la violenza.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.