Non solo diritti, e privilegi di grado e casta, ma anche doveri
I generali ed i magistrati in servizio non hanno gli stessi diritti dei cittadini “normali”

Da destra e sinistra, da settimane, viene invocato spesso a sproposito (e purtroppo unicamente per contingente interesse ideologico, di parte odi casta) l’art. 21 della costituzione. Che sancisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
La maggior parte di chi lo invoca (vestendo persino toghe o uniformi) lo fa per difendere a spada tratta, o attaccare, rispettivamente, il Generale Vannacci e l’ormai insopportabile incontinenza verbale e comportamentale, di troppi magistrati. Alcuni dei quali sembra abbiano persino l’ardore di partecipare a manifestazioni anti-polizia, e di esprimersi in libertà sui social. Come fossero “normali” cittadini.
A questi, mi permetto di ricordare sommessamente, da artigiano del diritto e della libertà di manifestazione del mio pensiero, che la Costituzione andrebbe letta e rispettata nel suo insieme. Comprese le leggi e gli ordinamenti a cui essa fa espresso rinvio.
Indipendentemente dal fatto che tali leggi e ordinamenti, o gli stessi altri articoli della carta costituzionale, che non prevedono solo privilegi di casta, possano piacere o meno a lor signore e signori.
Perché la nostra Costituzione, come dovrebbe essere noto a tutti, non prevede solo diritti, per i cittadini, ma anche doveri.
Doveri, spesso dimenticati da chi è abituato conoscere e difendere solo i propri diritti, a cominciare da quelli di casta o di grado, che possono persino limitare alcuni diritti dei «normali» cittadini.
Non solo diritti, e privilegi di grado e casta, ma anche doveri. Per i cittadini “non normali”, per usare un termine inflazionato da quest’estate, cui sono affidate “funzioni pubbliche” (come lo sono il generale Vannacci e tutti i magistrati), ad esempio, esistono anche gli articoli 54 e 97 della Costituzione. L’articolo 54, sancisce che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Mentre l’articolo 97, prevede che “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”.
Il “mondo al contrario” di certi magistrati italiani
Quello che penso a proposito della disciplina e dell’onore militare, dimostrato con la pubblicazione di un libro che non aveva sottoposto a visione ed autorizzazione preventiva dello Stato Maggiore, nonostante costituisca un intervento a gamba tesa, da parte di un alto grado delle Forze Armate in servizio, in un dibattito politico nazionale ed europeo, su temi controversi, l’ho spiegato il 22 agosto su Formiche. A sostegno della coraggiosa e istituzionale presa di posizione del Ministro della Difesa Guido Crosetto. Sempre su Formiche, il 29 agosto, ho spiegato perché la libertà di pensiero non sia immune dalla responsabilità che chiunque ha per quello che si dice e si scrive. Compresi i giornalisti.
Quello che penso invece del livello di disciplina e di onore di troppi magistrati italiani, e della loro imparzialità, che non deve solo esistere nei fatti, ma deve anche apparire pubblicamente, e che è stato cattivo esempio per tanti, non ultimo il generale Vannacci, l’ho scritto diverse volte su Il Riformista.
Molti dei miei scritti sono stati riportati nel mio recente libro “Io, l’Italia e l’Europa. Pensieri in libertà di un patriota italiano-europeo”. Che mi permetto di citare qui solo perché tutti i diritti d’autore vanno a beneficio dell’Operazione Mato Grosso, di padre Ugo De Censi, e dello Sportello Anti-Stalking del Codacons. Ma anche perché è un libro nel quale, oltre a non essermi dimenticato, parlando anche delle cose da “mondo al contrario” del nostro pur splendido Paese, che io chiamo invece da “Pulcinellopoli” (dopo aver precisato che nulla ha a che fare, la definizione, con i napoletani, ai quali dedico invece un capitolo di lodi contro troppi stereotipi), non mi sono dimenticato delle anomalie della magistratura italiana.
Cosa succede in Europa?
Nei miei “pensieri in libertà” da “patriota italiano-europeo” mi sono anche soffermato sui doveri dei funzionari dell’Unione Europea. Quella Unione Europea che molti, in Italia, anche con toga (ed ora persino con uniformi), invocano, quando fa loro comodo, come garante della libera manifestazione del pensiero. E a volte anche di comportamenti, a mio avviso, incompatibili con i doveri costituzionali, che definirei quanto meno bizzarri.
Tutti i funzionari dell’Ue, di qualunque livello, hanno doveri, otre che diritti, che sono sanciti dal loro Statuto, che ha forza di legge. Alcuni di questi vincolano al loro rispetto i funzionari anche dopo la loro cessazione dal servizio. Come, ad esempio, quelli di integrità e discrezione nell’accettare determinate nomine o determinati vantaggi (articolo 16).
Il funzionario Ue non deve solo “astenersi da qualsiasi atto o comportamento che possa menomare la dignità della sua funzione” (articolo 12) ma, anche dopo la cessazione dal servizio, da ogni divulgazione non autorizzata di informazioni di cui sia venuto a conoscenza nel contesto delle sue funzioni, a meno che tali informazioni non siano già state rese pubbliche o accessibili al pubblico.
Il funzionario ha poi, ovviamente, diritto alla libertà di espressione. Ma essa trova limiti nel suo ”obbligo di lealtà e imparzialità” (articolo 17 bis).
E nel quadro di queste limitazioni da “civil servant”, se intende pubblicare o far pubblicare, solo o in collaborazione, un qualsiasi documento il cui oggetto riguardi l’attività dell’Unione, “ne informa preliminarmente la sua istituzione”. La quale, qualora sia in grado di dimostrare che la pubblicazione prevista è di natura tale da compromettere gravemente gli interessi legittimi dell’Unione, ne informa il funzionario per iscritto della sua decisione entro un termine di 30 giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento dell’informazione. Se nessuna decisione è notificata entro tale termine, si considera che l’autorità che ha il potere di nomina non abbia sollevato obiezioni (Art. 17 bis).
Obblighi, quelli previsti dalle Istituzioni Ue per i propri funzionari che, che forse dovrebbero ispirare il legislatore italiano. Se non dovessero bastare le norme già esistenti, che basterebbe fossero rispettate da tutti. A cominciare da tanti magistrati.
In ogni caso obblighi previsti in tutti i Paesi dell’Unione europea e che, alla luce dei comportamenti di alcuni magistrati italiani, provocarono lo sconcerto, di cui ho pure dato testimonianza nel mio libro, del primo direttore generale dell’Ufficio Europeo della Lotta alla Frode (OLAF), il Procuratore bavarese Franz-Hermann Bruener. Il quale, avendo rappresentato l’accusa nel processo contro il leader della DDR Erich Honecker, mi confessò non aver mai assistito, in Germania, nemmeno in quel delicato contesto storico e giudiziario, alcuni atteggiamenti da “mondo al contrario”, da lui personalmente riscontrati, invece, nel comportamento di qualche magistrato italiano.
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