I Cinque Stelle scavano la loro trincea. E se a trincerarsi per primo è Vito Petrocelli, piano piano lo segue mezzo Movimento. Il presidente della Commissione esteri del Senato – grillino dagli esordi, poi allineato con Conte – che sulla guerra fa muro contro il governo Draghi, cui annuncia di non votare più la fiducia, diventa il caso del giorno. A caldo aveva tuonato contro di lui lo stesso ex premier: “Se lui dichiara questo oggi, a dispetto del ruolo che ha avuto sin qui in commissione, evidentemente si pone fuori da M5s, per scelta personale”, si era fatto sfuggire Giuseppe Conte a Porta a Porta.

Il caso Petrocelli è la punta di un iceberg che si allarga man mano che si avvicina il momento delle elezioni politiche, quando andranno fatte le liste. Da qui la preoccupazione dei dem che riconoscono, nonostante tutto, nei Cinque Stelle un interlocutore importante al fine di costruire il “campo largo” che ha in testa Enrico Letta. A scandagliare gli umori dei parlamentari, predomina la preoccupazione rispetto a quello che si vede nelle fila pentastellate. “C’è una terra di mezzo che non risponde a nessuno e che si va allargando sempre di più”, osserva un deputato della cosiddetta minoranza dem. Ma timore e scetticismo sono palpabili anche all’interno della maggioranza, fra gli esponenti che siedono in segreteria. La parola d’ordine rimane “non entriamo nelle vicende interne agli altri partiti”. Tuttavia non sfugge a nessuno tra i dem che un Movimento attraversato dalle fibrillazioni rappresenti “un grosso problema” per tutto il centrosinistra. “Su Petrocelli avevamo avuto delle avvisaglie già nel 2018”, ricorda un parlamentare: “E’ indubbio che non si possa rimanere nel ruolo di presidente di Commissione dopo aver detto di non voler più votare le fiducie al governo. Significa venire meno al bilanciamento della rappresentanza di maggioranza e opposizione negli organi parlamentari”, viene ricordato.

Che il caso Petrocelli abbia delle immediate ripercussioni sul cantiere del campo largo lo dimostra anche la presa di posizione di Azione. Carlo Calenda – mai tenero con il M5s – arriva ad auspicare che i Cinque Stelle siano “cancellati dalla storia politica di questo paese. Altro che campo largo”. Della vicenda si è occupato anche il segretario Enrico Letta. Con toni ultimativi: “Semplicemente indifendibile. Le dimissioni sono la conseguenza naturale delle sue parole e dei gesti”. Gli fa eco Andrea Romano, ospite del Riformista Tv: “Devono capire, nel Movimento, da che parte andare adesso che sono al bivio. Io vedo una guida impeccabile della Farnesina da parte di Luigi Di Maio, mentre altri devono fare un percorso evolutivo”, apostrofa l’esponente di Base Riformista. Che al momento non si vede. “Gli Usa spendono 60 milioni per la difesa, l’Ue nel suo complesso spende 230 milioni. Spendiamo quattro volte la Russia, dobbiamo forse allora ottimizzare queste risorse”, dice il senatore M5S Andrea Cioffi intervenendo in Senato dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi in vista del Consiglio europeo. Anche lui va a dare manforte a Petrocelli. Che rimane sulle sue posizioni: “Io non mi dimetto. Non ho mai fatto né mai farò quello che mi chiede un qualsiasi segretario del Pd”, scrive il riottoso presidente della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli.

I dem sembrano tornati a incarnare il nemico, come fu alle origini del Movimento. Allora sul blog di Grillo si parlava di “Pidioti”. Ora non si parla proprio di politica: il blog delle Stelle non ha ancora trovato il tempo di scrivere dell’invasione russa dell’Ucraina. Va perfino oltre la senatrice Bianca Laura Granato, ex M5S. “Ricordo al presidente Draghi che e’ tenuto a non travalicare i limiti della Costituzione su cui ha giurato, a maggior ragione per il fatto che non ha alle spalle alcun mandato elettivo. Lei e’ corresponsabile dei processi decisionali in ambito europeo, il popolo italiano non vuole essere coinvolto come parte cobelligerante in questa guerra e lei non ha alcun diritto di assumere diversi impegni coi partner europei dilapidando risorse pubbliche per armare eserciti irregolari per giunta anche neonazisti”, dice Granato che definisce anche Draghi come “il liquidatore fallimentare del nostro paese, messo per fare cassa, mestiere che fa con impareggiabile cinismo”. Fischi e rumorose proteste in aula. “Vergognati!”, le viene gridato. Anche la posizione degli ex grillini sembra avere un coordinamento, una cabina di regìa.

Ieri no vax, oggi no Nato, sembrano muoversi all’unisono a prescindere dalla collocazione in aula. Anche la senatrice Paola Nugnes, passata dal M5S a Liberi Uguali, si indigna per le parole del segretario Pd: “Il mio concetto di Parlamento è diverso da quello di Enrico Letta: la posizione di disaccordo del Presidente è certamente ammissibile, anzi da rispettare in pieno. Le posizioni di opposizione sono necessarie e anzi indispensabili in democrazia. A meno che non si stia andando verso l’autarchia. Che poi sia il segretario di un altro partito a chiederne le dimissioni, è un azzardo vero”. L’azzurro Francesco Giro dipinge il quadro con tutti i colori: “Oggi Petrocelli appare solo una persona confusa ma attaccata alla sua poltrona con il super attack. E agli elettori pentastellati ricordo che Petrocelli non fa il Presidente della Commissione gratis ma percepisce una indennità aggiuntiva ad hoc. E prima che finisca tutto, evidentemente, non intende rinunciarvi”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.