I luoghi della beat generation: un mito senza tempo

Ci sono luoghi nel mondo che sono inaspettati crocevia di culture, luoghi le cui energie attraggono passeggeri inesperti e viaggiatori inusuali, posseggono energie misteriose e agiscono di una volontà propria. A San Francisco, California, si tratta di un edificio di tre mura, costituito dall’incrocio tra Columbus Avenue e Chinatown: la City Lights fondata da Lawrence Ferlinghetti e Peter Martin, la mitica libreria e casa editrice della Beat Generation. Infatti, a partire dal 1953, lì si sono riunite le migliori anime della generazione di poeti, romanzieri, artisti e jazzisti.

Uno dei più celebri fu Allen Ginsberg. A New York, qualche anno prima della nascita della City Light, aveva appena incontrato Gregory Corso in un bar dyke del Greenwich Village. Corso era appena uscito dalla prigione di Clinton e al Village era nato e cresciuto. Ginsberg gli presentò Kerouac e lo introdusse nel giro di poeti e artisti di Harvard che dalle sue parti andavano a fare i bohemiens. Nel periodo newyorkese, gli ippopotami si erano già lessati nelle loro vasche (E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche è un protoromanzo beat scritto nel 1945 a quattro mani da Jack Kerouac e William S. Burroughs), Gregory Corso è il più classicista dei poeti ma contamina i suoi versi con nozioni di navigazione, astronomia e archeologia, mentre Allen Ginsberg è pronto a liberare il suo urlo in versi e incanalarvi dentro tutta l’ansia di una generazione cresciuta a ridosso della seconda Grande guerra.

Nelle poesie dei Beat il suono della parola è il mezzo per esprimere a tamburo battente ed esasperato i temi che nessuno aveva il coraggio di pronunciare ma che si trovavano sulla bocca di tutti: il disagio mentale, la sperimentazione delle droghe, l’amore libero, la repressione della società conservatrice. Lo fanno sugli esempi di Walt Whitman e di Ezra Pound. Lawrence Ferlinghetti comprende la portata apocalittica della rivoluzione della parola e li chiama a San Francisco, dove i Beat pubblicheranno le prime opere di maggior successo.

C’è tuttavia un legame che questi autori non riescono a sciogliere: quello con le avanguardie europee. Il dadaismo, ancora prima Arthur Rimbaud, T.S. Eliot e Cocteau. Forse è per questo che nel 1957, Allen Ginsberg, Peter Orlovsky e il “gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”, archiviate le accuse di oscenità, lasciano il confort sociale e climatico della California per andare ad occupare le quarantadue stanze fatiscenti al numero 9 di rue Git-le-Coeur, Parigi, dove già si era trasferito Gregory Corso. Nel giro di dieci anni sperimentano e compongono versi destinati a determinare l’immaginario il poema che richiama le radici ebraiche di Ginsberg, Kaddish, l’inquietudine nucleare di Bomb e il Marriage di Gregory Corso. William Burroughs, il più sperimentale dei Beat, a Parigi completa Pasto Nudo e, assieme a Brion Gysin, mette a punto la tecnica del cut-up e preconizza che la letteratura è un sistema compositivo formato da parole che diventano luci, suoni e oggetti.

A Parigi rimangono fino al 1963, anno dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, la guerra del Vietnam alle porte e dell’esplosione popolare dei Beatles. È anche l’alba dei movimenti del ’68, che portarono alla consacrazione mainstream dei versi dei Beat.

L’Italia deve la conoscenza dei Beat a Fernanda Pivano. Celebre è la sua traduzione di Howl di Alle Ginsberg contenuta nella raccolta Jukebox all’idrogeno (Mondadori) e l’intervista a Jack Kerouac. Ancora oggi alcuni gli autori guardano al cosmo letterario Beat, che ha saputo cambiare la società attraverso i suoi versi profetici. Ma molto bisogna imparare dal coraggio di sfidare la lingua e le sue convenzioni, ad ogni costo, allo scopo di innestare un cortocircuito di luci, suoni e parole nella società contemporanea, affinché sia l’opera a sconcertare il pubblico e non l’autore.

Certo, è un mondo diverso da allora, ma il tema rimane il senso della libertà. Ed è solo in certi luoghi che, misteriosamente, questo senso si sprigiona con forza. Sta a noi cercarli, forse anche a fondarli, per trovare noi stessi e il nostro ritmo Beat.