I magistrati non sono troppo corrotti, ma troppo potenti

La magistratura non è più corrotta rispetto a quanto mediamente si registrerebbe, semmai vi si indagasse, presso il restante della pubblica amministrazione. C’è però una differenza a rendere incomparabile il pericolo rappresentato da un ordinamento, quello giudiziario, che è venuto giustapponendosi in questa centrale di malversazione. Con l’ovvia ma dovuta avvertenza che in essa non milita un buon numero di magistrati rigorosi e specchiati – i quali semmai subiscono a loro volta il degrado di quel sistema – la differenza è questa: che il malandrino ministeriale, il consigliere regionale trafficone, il largitore di pensioni ai finti invalidi, l’esattore del pizzo di Stato e insomma i responsabili dell’illegalità pubblica fanno pur male alla società, ma ancora non hanno il potere di giudicare le persone e di imprigionarle.

Quel che rende intollerabile l’aberrazione corruttiva del potere giudiziario non sta dunque nel livello dopotutto ordinario e ricorrente di quel malcostume spesso sconfinante nell’illegalità vera e propria, ma nel fatto che a rendersene colpevole è un pezzo di Stato che prende la libertà, la reputazione, il patrimonio, la vita delle persone e ne fa ciò che vuole al coperto di una irresponsabilità assoluta. E dirò anche meglio. Proprio sulla titolarità di quel potere e proprio sulla libertà di esercitarlo irresponsabilmente la magistratura deviata organizza la propria azione nei traffici per le nomine, nella manutenzione dei privilegi castali, nelle cospirazioni correntizie, negli aggiustamenti dei collegi giudicanti, nell’interlocuzione ricattatoria e sostanzialmente mafiosa con il potere politico.

È sull’immagine delle manette e delle sbarre di galera, sulla facilità del tratto di penna che decreta il sequestro di un’azienda, sul rumore degli elicotteri e sugli urli delle sirene nei rastrellamenti giudiziari che si fonda il potere di fatto della magistratura, un dominio arbitrario che ha messo nel nulla lo Stato di diritto e l’ha trasformato nel possedimento di questo mandarinato che non si arresta davanti a nulla perché può arrestare tutti, che si assolve da tutto perché può condannare chiunque.

Magistratopoli non è il legno storto della giurisdizione: è l’impunità dei più uguali degli altri, garantita dall’armamento di terrore che essi oppongono a qualsiasi critica, qualsiasi dissenso, qualsiasi istanza di riforma. È l’ingiustizia protetta dalla giustizia.