L'aggressione
I neofascisti vanno denunciati, senza paura

La campana suona per tutti. Non è questione di coraggio. Non possiamo limitarci all’arrabbiatura, all’indignazione. Occorre cominciare a rispondere ovunque sia possibile. Nei bar, nella metropolitana, nei luoghi di studio e di lavoro. Perché un contagio non si ferma con l’omeopatia di un post su Facebook. Lo dico innanzitutto a me stesso che tante volte mi sono limitato al minimo sindacale. Invece stanno spuntando sempre di più episodi di antisemitismo e di razzismo diffuso, che non esplodono soltanto nella violenza fisica, ma si caratterizzano con parole pronunciate a mezza bocca, con frasi ambigue e con gesti vigliacchi. Ci sono e li incontriamo spesso.
Ma per comodità li sopportiamo nelle loro farneticazioni, raramente decidiamo di rispondergli, di sostenere una discussione. Pensiamo: meglio lasciare scorrere. Ma questo diventa esattamente il motivo per cui il contagio si diffonde. E prospera. Non dobbiamo sottovalutare questi episodi. Il punto non è la violenza fisica ma lo sdoganamento del linguaggio. Quello fa male più di mille cazzotti. Perché restituisce l’idea dell’impunità, ovvero che puoi dire qualsiasi cosa. Eppure questo non è consentito. Non puoi negare l’Olocausto che è stata la più grande e sconvolgente tragedia dell’umanità. E non lo puoi fare all’alba di quegli anni 20 di questo secolo che dovrebbe somigliare a tutto tranne che a quello scorso. Ma questo non è più scontato, da nessuna parte. Le destre neofasciste mietono consensi, parlano a intere fasce di popolazione in crisi, fanno leva sulla paura della perdita di ruolo e di funzione sociale, fabbricano bersagli facili da dare in pasto all’opinione pubblica.
E passano facilmente come la lama nel burro dentro un tessuto indebolito da troppi anni di rinunce, di passaggi a vuoto, di smantellamento delle grandi agenzie di senso che la democrazia dei partiti aveva edificato. Se esiste oggi una questione morale essa si colloca esattamente su questo crinale: la dannazione della memoria per abbandono del campo. E dunque della lotta politica intesa come disegno egemonico, non semplicemente ed esclusivamente come gara elettorale. Per questo penso che quanto avvenuto a Venezia non vada sottovalutato né taciuto.
Bisogna denunciare. Lo dico a tutti quelli che si trovano a sbattere il naso davanti a un sopruso dei neofascisti: non spaventatevi perché la Repubblica ha radici profonde. Perché la nostra nervatura istituzionale se reagisce in maniera coordinata e unitaria può fermare questi comportamenti inaccettabili. Perché ancora oggi esistono energie giovanili capaci di non piegare la testa e di accettare la sfida della complessità, anteponendo la fatica del confronto alla semplificazione e all’insulto. Dobbiamo solo sapere che bisogna aiutarle a uscire.
E gli esempi contano più delle prediche.
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