La riflessione
I Popolari non stanno dappertutto, un nuovo protagonismo politico per la costruzione di un Centro dinamico
A metà degli anni duemila un grande, anche se originale, leader democristiano, Mino Martinazzoli, diceva che «l’unità politica dei cattolici italiani non è mai stata un dogma. Come non lo è – aggiungeva il leader Dc bresciano – neanche la diaspora dei cattolici». Ora, al di là dell’iperbole di Martinazzoli, è indubbio che l’unità politica dei cattolici – se di unità si può parlare nelle diverse fasi storiche del nostro paese – è tramontata definitivamente ed irreversibilmente oltre 30 anni fa con la fine della Democrazia Cristiana, lo storico partito di riferimento. E all’unità è seguita, come ben sappiamo, la diaspora dei cattolici nella vita politica italiana.
Una divisione che, oggettivamente, ha indebolito la cultura, la specificità e l’originalità della tradizione del cattolicesimo politico italiano. Seppur nelle sue diverse sfumature. Ma, al di là delle vicende storiche che hanno accompagnato il percorso e il cammino dei cattolici democratici, popolari e sociali nel nostro paese, c’è una domanda che resta tuttora inevasa. Anche se, almeno formalmente, alla domanda c’è un’immediata risposta. E cioè, il pluralismo politico ed elettorale dei cattolici italiani è ormai un dato largamente acquisito e consolidato. Ma la domanda, comunque sia, resta sul tappeto: ovvero, com’è possibile che i Popolari, cioè i migliori eredi della tradizione e della storia del cattolicesimo politico italiano, siano presenti in quasi tutti i partiti italiani? Certo, quasi tutti i partiti perché non possiamo neanche prendere in considerazione i partiti populisti – e cioè il partito dei 5 Stelle e la Lega di Salvini – che sono e restano quasi antropologicamente alternativi rispetto alla cultura e alla storia del popolarismo di ispirazione cristiana. Ma, per quanto riguarda gli altri partiti, i Popolari sono presenti e senza alcun problema di compatibilità, o coerenza, politica/culturale e valoriale.
Ora, e senza entrare nelle dinamiche concrete delle singole appartenenze partitiche e preso atto della buona fede di ciascuna scelta, forse – e tenendo conto dell’attuale geografia politica italiana – c’è un unico criterio che misura la potenziale coerenza dei cattolici popolari nello scenario pubblico contemporaneo. E riguarda anche la potenziale coerenza di questa esperienza politica che conserva, tutt’oggi una straordinaria modernità ed attualità. E il criterio è rappresentato da chi, attraverso il suo impegno politico concreto, si pone l’obiettivo, oggi, di costruire il Centro e la “politica di centro” nel nostro paese. Checché se ne dica, lo spazio politico, culturale e programmatico più coerente e calzante per la presenza attiva e feconda di chi si riconosce nei valori e nella cultura del popolarismo di ispirazione cristiana.
E questo anche perché di fronte alla crescente radicalizzazione del conflitto politico, all’intensificarsi del radicalismo e del massimalismo che caratterizzano il comportamento di molti partiti, l’iniziativa politica dei Popolari non può che convergere con chi persegue, invece e al contrario, un progetto politico centrista, riformista, democratico e di governo. E questo per una ragione persino troppo semplice da spiegare. E cioè, se non si vuole ridurre questa presenza ad un fatto puramente ornamentale e del tutto ininfluente come capita oggi ad esempio nel Pd, quello è il perimetro politico, culturale e valoriale più coerente e lungimirante per poter ancora giocare un ruolo protagonistico e non subalterno o gregario. E nella costruzione di un Centro dinamico, innovativo, democratico, riformista e di governo, la maggior parte dei Popolari può ritrovare le ragioni decisive e qualificanti per un rinnovato protagonismo politico, culturale e programmatico dei cattolici italiani in questa fase storica del nostro paese.
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