Un referendum contro il Jobs Act, l’ultima concreta riforma del lavoro avviata nel 2014 dal governo Renzi, che può spaccare oltre che imbarazzare il Pd, partito che all’epoca ha lanciato e sostenuto il provvedimento. Una proposta lanciata dal segretario della Cgil Maurizio Landini che ha visto Elly Schlein non prendere le distanze, anzi, la neo segretaria Dem sarebbe pronta a sostenere tra lo sgomento e lo stupore, almeno si spera, di senatori e deputati dem che all’epoca votarono la misura varata dal governo Renzi.
Ma in cosa consiste il Jobs Act? La riforma complessiva del mercato del lavoro ha davvero alimentato il precariato? Lo scopo principale della riforma era quello di ridurre la profonda segmentazione per tipologie contrattuali del mercato del lavoro, intervenendo con l’abolizione di varie forme contrattuali precarie, che interessavano soprattutto i giovani, e dividendo il mercato del lavoro in due tipologie di lavoro, il lavoro dipendente e il lavoro autonomo eliminando così le zone grigie cd di parasubordinazione.
In un primo bilancio stilato nel gennaio 2008 dal sito del Pd, emerge che con il Jobs Act sono state anche abolite le dimissioni in bianco, estese le indennità di maternità e il congedo parentale per proteggere le donne e le famiglie; abolito i co.co.pro. e limitato e false partite IVA (che infatti sono scese) per abbattere il precariato.
Dal febbraio 2014 al gennaio 2008 “continua a scendere la disoccupazione, ai minimi storici dal 2012, continua a crescere il numero dei posti di lavoro”, arrivati quasi a un milione (986mila) con il Pil all’1,5% su base annua. Insomma con il Jobs Act sono stati riformati gli ammortizzatori sociali creando uno strumento fruibile ed universale come la NASPI. E’ stata creata l’ANPAL, la prima agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che ha dato il via alla sperimentazione dell’assegno di ricollocazione per i disoccupati e che sta investendo nel legame fra i mondi dell’istruzione e delle imprese. Detassato il welfare aziendale, mettendo risorse e rilanciando la contrattazione di secondo livello.
I pilastri su cui si regge il Jobs act sono gli otto decreti con i quali è stata data attuazione al provvedimento:
Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto con il primo decreto attuativo del Jobs Act, è diventato la forma principale di rapporto di lavoro anche attraverso gli incentivi economici (decontribuzione)
Semplificazione e riduzione delle tipologie contrattuali parasubordinate: rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro; revisione della disciplina delle mansioni in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale, ridefinizione dell’utilizzo del lavoro accessorio per attività discontinue e occasionali
Nuove regole sui licenziamenti. Potenziamento e allargamento della rete di ammortizzatori sociali anche a tipologie contrattuali che ne erano sprovviste
Nuova disciplina sulle cure parentali e la conciliazione tra tempi di vita e lavoro
Semplificazioni e pari opportunità: rende più facile l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità
Servizi per il lavoro e politiche attive: creazione dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (Anpal), ammodernamento e armonizzazione della rete dei servizi, potenziamento delle politiche attive e riordino degli incentivi e degli strumenti volti a rilanciare l’occupazione produttiva
Semplificazione dell’attività ispettiva: attraverso la creazione di un’agenzia unica per le ispezioni sul lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integri i servizi ispettivi del ministero del Lavoro e gli strumenti di politiche sociali di Inps e Inail
Ammortizzatori sociali in costanza di rapporto: apporta ammodernamenti significativi tanto la cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, quanto i contratti di solidarietà e i fondi di solidarietà bilaterali
A grandi linee, ecco la struttura del Jobs Act:
1. Le tutele crescenti
L’obiettivo è quello di incentivare le imprese ad assumere i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato rendendo il lavoro precario o a termine meno vantaggioso per i datori di lavoro e garantendo regole certe e semplici.
2. Politiche attive
Il Jobs act non solo garantisce il sostegno al reddito – politiche passive – ma incentiva, attraverso politiche attive (modello flexicurity), la ricollocazione del lavoratore tramite percorsi personalizzati e utili all’acquisizione di nuove competenze.
“I Servizi per l’Impiego, coordinati dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, sono potenziati per creare sinergie efficienti e migliorare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
Tutti i cittadini potranno accedere ad attività di orientamento, ausilio, avviamento alla formazione e accompagnamento al lavoro, garantendo in tutto il territorio livelli essenziali di prestazione.
Per la prima volta, in tutte le Regioni e Province Autonome, si introduce un diritto soggettivo del disoccupato ad avere una dote da spendere per ricevere un sostegno specialistico ed intensivo nella ricerca di un nuovo lavoro, e su questo aspetto si punta in modo concreto e innovativo. La partecipazione attiva del soggetto richiedente sarà, infine, garantita da strumenti di condizionalità”.
3. Tutela della maternità
Il Jobs act nasce con l’obiettivo di tutelare la maternità e la valorizzazione dell’esperienza genitoriale attraverso la conciliazione tra i tempi di vita e tempi di lavoro delle donne e la promozione di sistemi di welfare aziendale sempre più innovativi. A tal proposito il congedo obbligatorio di maternità è un diritto fondamentale. Tutte le lavoratrici autonome potranno finalmente usufruire del congedo parentale.
Anche le madri iscritte alla Gestione Separata INPS saranno maggiormente tutelate: il mancato versamento dei contributi da parte del committente non metterà a rischio la fruizione dell’indennità di maternità. I genitori adottivi o affidatari si vedranno riconosciuti i loro diritti per la fruizione dei congedi parentali o per l’applicazione del divieto di svolgimento di lavoro notturno.
Infine le donne vittime di violenza di genere potranno richiedere un congedo trimestrale dal lavoro fruibile anche su base oraria.
4. Flessibilità
Per garantire le esigenze personali dei lavoratori, con il Jobs act si introduce un orario lavorativo meno rigido, il telelavoro e la possibilità di fruire dei congedi parentali anche su base oraria. Questo grazie alla flessibilità sul lavoro che viene incontro alle necessità dei genitori che lavorano e di coloro che hanno più bisogno di sostegno come i malati affetti da patologie croniche con la trasformazione del proprio orario di lavoro a part-time.
5. Tutela del lavoro
Nessuno deve rimanere escluso. Il Jobs act ha il fine di garantire una maggiore equità sociale anche tramite l’universalizzazione degli strumenti di sostegno al reddito per chi è disoccupato. “Al termine del rapporto di lavoro – l’accesso alla Nuova AspI (NASPI) è possibile anche a chi ha una storia contributiva breve.
Più semplice l’accesso alla disoccupazione anche per i collaboratori a progetto con la nuova DIS-COLL. Inoltre per i soggetti più svantaggiati è previsto l’Assegno di disoccupazione involontaria (ASDI) che potrà essere richiesto una volta conclusa la NASPI”.
Il Jobs act riordina gli ammortizzatori sociali con l’estensione agli apprendisti della Cassa Integrazione Ordinaria e Straordinaria e la revisione della disciplina sui fondi di solidarietà.
Viene istituito un Ispettorato nazionale del lavoro, per semplificare le attività di contrasto al lavoro nero e irregolare e quelle di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza.
6. Semplificazione
Con il Jobs act sono eliminati i contratti scarsamente diffusi o che sono stati utilizzati in maniera distorta ed elusiva come le associazioni in partecipazione e le collaborazioni a progetto.
Con le assunzioni a tempo indeterminato le aziende potranno usufruire degli incentivi introdotti dall’ultima Legge di Stabilità, garantendo così un cambiamento qualitativo del mercato del lavoro.
Vengono ridotti i costi per i contratti di apprendistato favorendone l’utilizzo in coerenza con le norme sull’alternanza scuola-lavoro.
Inoltre con la digitalizzazione delle comunicazioni verso la Pubblica Amministrazione e la riduzione degli adempimenti burocratici, le aziende e i cittadini potranno interfacciarsi con le istituzioni in una maniera più veloce ed efficace.