Il processo in Rai
Iacona beatifica Gratteri e dimentica di chiedergli dei suoi flop
Caro Riccardo Iacona,
ho letto le tue dichiarazioni in polemica con l’avvocato Caiazza. Ho visto che temi che le camere penali vogliano cancellare il diritto di cronaca e il tuo diritto di preparare, in modo libero e senza condizionamenti, una trasmissione televisiva a sostegno delle tesi dell’accusa contro alcuni degli oltre 400 imputati al processo Rinascita Scott. In queste dichiarazioni spieghi come si fa giornalismo e come si respingono le ingerenze. Io faccio giornalismo da 46 anni. Non mi è mai capitato – devo ammetterlo – di impegnarmi in iniziative a favore di una Procura. Non metto in discussione il tuo diritto di farlo, per le ragioni più diverse, compresa – immagino – la tua convinzione della bontà delle tesi dell’accusa e dell’irrilevanza di quelle degli imputati.
Non contesto niente a te: contesto la Rai che ha deciso di mandare in onda il tuo servizio. Mandandolo in onda ha tradito la sua vocazione di servizio pubblico, ha violato il diritto e la Costituzione. E ha compiuto una azione di infangamento di alcuni cittadini, molti dei quali incensurati. E anche un tentativo di influenzare la Corte. La cosa che mi dispiace è che nelle proteste contro questa azione violenta della televisione di Stato intervengano solo le Camere penali e qualche sporadico esponente politico. Tutti gli altri, terrorizzati, e rincantucciati in silenzio tremebondo.
Non sono belle queste cose, Riccardo. Noi viviamo in Italia, non in Turchia né in Venezuela. Almeno, così credevo. Tu dici che i giornalisti dovrebbero occuparsi di più di ‘ndrangheta. Può darsi. E anche di come si svolgono le inchieste.
Tu, per esempio, qualche hanno fa mandasti in onda in Tv un altro servizio giornalistico su Gratteri. Con Gratteri un po’ beatificato. Si parlava dell’indagine di Gratteri chiamata “New bridge”, una inchiesta antimafia che fece gran clamore sui giornali. 24 mafiosi in gattabuia, 40 indagati. Poi, Riccardo, lo avrai saputo, si è scoperto che di quei quaranta i mafiosi erano pochini. Uno solo fu condannato con il famoso 416 bis. L’altro giorno ti sei scordato di chiedere a Gratteri come mai quell’inchiesta andò così male. E se furono risarciti gli innocenti e i diffamati. E non gli hai chiesto nemmeno come mai, la celebre inchiesta “Marine”, con 200 arrestati in una sola notte e in un solo paesino, produsse solo 8 condanne.
E poi ti sei scordato, dopo aver detto che la Procura di Catanzaro era un porto di mare prima dell’arrivo di Gratteri, di intervistare il procuratore precedente, un certo Lombardi, magistrato stimatissimo. Per conoscere il suo parere. Né, mi pare, hai voluto sentire il parere di Otello Lupacchini, il Procuratore generale quando partì Rinascita Scott, il quale su Rinascita Scott aveva molti dubbi. Poi hai lasciato che fosse crocifisso Pittelli, ma non hai chiesto come mai alcune intercettazioni (quelle che avrebbero dovuto inchiodarlo) fossero state mutilate o manipolate (come racconta lo stesso Pittelli qui). Peccato. Magari quando uno fa un’inchiesta prova a raccontare un po’ tutto, non solo la tesi di un procuratore.
Certo, ciascuno ha le sue idee sul giornalismo. Tutte legittime. C’è per esempio chi pensa che il compito nostro sia quello di raccontare più verità possibile e di metterci sempre, per riflesso condizionato, dalla parte dei deboli e contro i potenti. Qui i deboli sono i prigionieri e gli imputati. Il potente, sicuramente è il procuratore. Non discuto la tua libertà di stare dalla parte del potente. Mica è un delitto. Discuto il diritto della Tv di Stato di gettare vagonate di fango su persone che la nostra legge considera innocenti. Non so se questo è il miglior modo di fare giornalismo. Forse sì. Dovrò convincermi, prima o poi, che tra Sciascia e Travaglio il migliore è Travaglio. Tra Rossanda e Scanzi il migliore è Scanzi…
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