Zlatan Ibrahimovic non crede in Dio, “credo solo in me stesso”. E neanche nell’Aldilà. Ha creduto in qualche modo in Diego Armando Maradona, il campione argentino in qualche modo lo aveva convinto ad andare a giocare a Napoli, per l’SSC Napoli. “Maradona è un mito. Vedendo un documentario su di lui avevo deciso di andare al Napoli, per fare come Diego: vincere lo scudetto”.
Una voce che era già girata gli anni scorsi. Oggi la conferma, in una lunga intervista che l’attaccante svedese ha rilasciato a Il Corriere della Sera in occasione dell’uscita di Adrenalina – My untold story, libro edito da Cairo Editore scritto dal calciatore svedese con la firma della Gazzetta dello Sport Luigi Garlando. Dall’infanzia, i ricordi della Jugoslavia e il ghetto di Malmoe, l’arrivo in Italia, i due scudetti vinti con la Juventus e tolti, al rapporto con Luciano Moggi e con Silvio Berlusconi, storie di campo tra Maldini, Inzaghi, Materazzi e Lukaku, il procuratore Mino Raiola.
L’aneddoto risale alla fine del 2019, Ibrahimovic giocava a Los Angeles all’epoca. “Ero stanco dell’America. Pensavo di smettere. Mino mi disse: sei matto, tu devi tornare in Italia. Con il Napoli era fatta; ma poi De Laurentiis cacciò Ancelotti. Allora chiesi a Mino: qual è la squadra messa peggio, che io posso cambiare? Rispose: ieri il Milan ha perso 5 a 0 a Bergamo. Allora è deciso, dissi: andiamo al Milan. È un club che conosco, una città che mi piace”.
Tutto fatto insomma, come confermato anche dall’anticipazione dell’autobiografia pubblicata dalla Gazzetta dello Spor: “Qualche sera più tardi, sono a casa che sto guardando il documentario HBO su Diego Armando Maradona. A un certo punto passano le immagini di una vecchia partita del Napoli e inquadrano il pubblico del San Paolo. Lo stadio è pieno zeppo. Il regista stringe l’immagine sulla curva più calda, i ragazzi sono accalcati uno sull’altro, cantano, urlano, pestano dei tamburi, si percepisce un’elettricità incredibile. Mi raddrizzo sul divano, osservo con attenzione e sento che l’adrenalina comincia a pompare, qui, nelle vene del collo. Tum, tum, tum…
Telefono subito a Mino: ‘Chiama il Napoli. Vado al Napoli’. ‘Il Napoli?’. ‘Sì, vado a giocare a Napoli’. ‘Ma sei sicuro?’ mi chiede lui, perplesso. ‘Tu vuoi che io continui a giocare? La mia adrenalina sono i tifosi del Napoli. Vado là, a ogni partita porto allo stadio ottantamila persone e vinco lo scudetto come ai tempi di Diego. Con la vittoria del campionato italiano, li faccio impazzire tutti. Questa è la mia adrenalina’. Parliamo con il club, trattiamo e troviamo l’accordo. Tutto fatto. Sono del Napoli.
L’allenatore è Carlo Ancelotti, che conosco bene, siamo stati insieme a Parigi. È felicissimo di ritrovarmi, ci sentiamo quasi tutti i giorni. Mi spiega come intende farmi giocare. (…) Individuo una casa a Posillipo che potrebbe fare al caso mio, ma, visto che devo restare solo sei mesi e tutti mi ripetono che la città è abbastanza caotica, sto valutando anche la possibilità di vivere in barca. Il giorno in cui devo firmare a Napoli, l’11 dicembre 2019, il presidente De Laurentiis caccia Ancelotti. A metà campionato. Ho una brutta sensazione. È un cattivo segnale. Io di questo presidente non posso fidarmi. Non può dare stabilità a me e alla squadra uno così. E poi so che Rino Gattuso, anche se è un amico, ha bisogno di un altro tipo di centravanti per il suo 4-3-3. Infatti, non si è fatto sentire. Salta tutto”.