Nell’epoca in cui nacquero gli Stati nazionali, i governi potevano procedere a tappe forzate senza fare troppo conto dell’opinione dei governati. Oggi la situazione è diversa, perché se si vuole istituire uno Stato europeo bisogna avere il consenso dei cittadini, che non si ottiene nello spazio di una notte. Ecco perché servirebbe una politica di lungo respiro, che non sia schiacciata sulle questioni elettorali dei prossimi mesi ma sappia costruire l’Europa dei prossimi secoli.
È vero, come scrive Galli della Loggia, che l’UE ha difficoltà ad agire come un singolo soggetto politico, ma non è vero che non ci sono stati progressi. L’integrazione europea è un processo dinamico che ha visto momenti di accelerazione e rallentamento, adesso però c’è un’indubbia accelerazione: l’invasione dell’Ucraina ha fatto mettere sul tavolo con forza la questione di una difesa comune, il tentativo di guadagnare l’indipendenza energetica dalla Russia ha prodotto investimenti significativi in infrastrutture.

Non sono sicuro nemmeno sui sentimenti nazionalistici e poco europei degli europei, so per certo che le due generazioni Erasmus prodotte fino a oggi, hanno sentimenti più europeistici che nazionalistici, su 440 milioni di europei sono circa 13 milioni, una minoranza consistente e consapevole. Tra loro c’è Emanuel Macron che da studente trascorse un anno all’università di Bologna. Quando Galli della Loggia dice che i leader europei non hanno memoria storica, non conoscono i grandi problemi e i grandi disegni, si dimentica di Macron, funzionario della pubblica amministrazione e studioso di filosofia, banchiere e pianista beethoveniano, avvocato della difesa comune europea, capace di esercitare l’arte della deterrenza con il nemico minacciando l’invio di truppe di terra, il presidente che ha fatto entrare nel Pantheon di Parigi le stoffe d’oro di Anselm Kiefer e che davanti al parlamento di Strasburgo ha chiesto di “ritrovare un’Europa con un futuro potente”.
Le parole di Macron hanno un’importanza difficile da esagerare, riconciliano l’Europa con un’idea che gli intellettuali avevano bandito: la potenza. Qui ci sono gli elementi per un progetto non soltanto politico ma culturale che ha una presa notevole sulle coscienze.
Nel dicembre del 1989 François Mitterand disse che l’Europa aveva finalmente ritrovato la propria storia e la propria geografia. Si era fatta l’Europa ma – ribadisce Galli della Loggia – restavano da fare gli europei. Se siamo andati avanti meno di quanto si sarebbe potuto, bisogna aggiungere che la colpa non è tutta né anzitutto della politica, nel frattempo c’è stato anche un nuovo e gigantesco tradimento di quei chierici, e sono tanti, che hanno abdicato al proprio ruolo e si sono trasformati in zite contegnose e zelanti.

L’ultimo saggio che ha parlato con entusiasmo dell’Europa è di Edgar Morin e risale al 1987. Per rendere meno apatici gli animi degli europei, non solo le decisioni dei governanti devono avere prospettive più ampie e profonde, anche gli scrittori, i professori, gli artisti, gli scienziati, gli storici, gli psicologi, i moralisti, devono riscuotersi dal loro torpore e fare proposte in grado di guidare le decisioni, rinunciando alla posa della eterna “opposizione politica”. Se la maggioranza degli europei non vuole un’Europa dal futuro potente, il compito delle guide è far cambiare idea agli europei.
Sembra incredibilmente difficile perché ragioniamo in termini statistici e sembra che così pochi non possano agire efficacemente su così tanti, ma io non sarei troppo pessimista, chi oggi parla di Rinascimento europeo va incoraggiato ricordandogli che il Rinascimento fiorentino fu fatto da un pugno di uomini. Cambiare le idee della maggioranza è un compito alla portata di guide preparate e pazienti.

Seicento anni fa Machiavelli guardava all’Italia che andava in pezzi, spaccata in tanti staterelli ciascuno per conto suo, simili a tanti atomi che precipitano nel vuoto, e aspettava l’uomo capace di produrre quella piccola deviazione che farà incontrare gli atomi-staterelli e stringerà il nodo di un nuovo Stato nazionale. Da un’azione minima può saltare fuori un grande effetto, alle volte basta anche una persona sola.
Questo oggi si chiede a una guida: che non tradisca, non abdichi al proprio ruolo, che venga fuori, prenda la parola e ci aiuti a ritrovare l’idea e la realtà di una Europa potente.

Tommaso Tuppini

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