La guerra in Ucraina è entrata ufficialmente in territorio russo. Non più solo con droni, attacchi di precisione, sabotaggi e colpi chirurgici delle forze speciali di Kiev, ma direttamente le sue truppe. Dopo tre giorni di combattimenti a tutto campo, i comandi ucraini, infatti, hanno confermato l’offensiva nella regione di Kursk. Il consigliere presidenziale ucraino, Mikhailo Podolyak, lo ha spiegato in modo semplice: per lui, quanto avvenuto in questi giorni è solo “la conseguenza dell’aggressione russa, la guerra è questo”. “La Russia ha sempre creduto di poter attaccare impunemente i territori dei Paesi vicini e pretendere ipocritamente l’inviolabilità del proprio territorio”, ha continuato il consigliere di Volodymyr Zelensky ed è il segnale di come a Kiev qualcosa stia cambiando.

Blitz ucraino in Russia: la guerra verso l’escalation

L’offensiva, per il momento, si è concentrata vicino la cittadina di Sudzha, a una decina di chilometri oltre il confine. Un dato che può essere incrociato con quelli forniti dall’Institute for the study of war (Isw) e da diversi blogger militari russi, che oltre ad avere forti contatti con l’esercito non hanno mai lesinato aspre critiche nei confronti dei comandanti delle truppe di Mosca. La Difesa russa, evitando di dare troppo risalto alla vicenda, ha cercato di non mandare segnali di paura né di infondere il panico nella popolazione della regione e di quelle limitrofe. Ma allo stesso tempo, l’ordine giunto dal Cremlino è quello di spostare l’attenzione non tanto sull’avanzata di Kiev, che diventa chiaramente un motivo di imbarazzo enorme per gli apparati politici e di sicurezza russi, costretti a gestire l’arrivo di mille soldati nemici dentro il proprio Paese, ma sul fatto che questa incursione sia una via ulteriore verso l’escalation.

La mossa che ha spiazzato il Cremlino

Il presidente Vladimir Putin ha definito questa mossa a sorpresa una “provocazione su larga scala da parte del regime di Kiev”. E come già accaduto altre volte, ha sottolineato il fatto che le truppe ucraine avrebbero deciso di “sparare indiscriminatamente con diversi tipi di armi, comprese quelle missilistiche, contro edifici civili”. E mentre le autorità locali, insieme a quelle centrali, hanno fatto scattare l’evacuazione delle aree più vicine al campo di battaglia, la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha chiesto alla comunità internazionale di condannare gli attacchi contro i civili russi. Tutto come da copione. Ma nelle stanze del potere a Mosca, la questione si è allargata mettendo a nudo una delle più pericolose falle mostrate dalle forze russe dall’inizio del conflitto. Come ha scritto Bloomberg, non appena avute informazioni dettagliate sull’avanzata, Putin ha convocato immediatamente i vertici militari e dell’intelligence per avere un resoconto di quanto accaduto ma soprattutto per mettere in atto due mosse.

Le due contromisure di Putin

La prima: cercare di limitare il più possibile i danni. La seconda: trovare i colpevoli. L’immagine del Cremlino ne esce profondamente scossa, anche perché Putin in questi anni di guerra ha sempre alimentato l’idea della “fortezza Russia” e di un Paese impermeabile alle incursioni nemiche. Ogni attacco sul territorio della Federazione è stato visto da sempre come una linea rossa invalicabile, nonostante l’invasione scatenata contro l’Ucraina.
E non è un caso che ieri dalla Commissione europea sia arrivato un messaggio molto netto: “L’Ucraina è vittima di un’aggressione illegale e ha il diritto di difendersi e di colpire il nemico anche sul suo territorio”. Il punto, però, è capire ora se questo attacco abbia un effetto diverso da quello eminentemente psicologico. E su questo tema, la stampa, specialmente quella statunitense, è divisa. Molti esperti sottolineano che questo blitz sia una manovra sostanzialmente volta a colpire Putin e la sua leadership e a risollevare il morale di un esercito, quello ucraino, che da mesi vede diminuire le possibilità di riconquistare i territori ormai occupati. Altri, però, tendono a dire che si tratti di un raid meno superficiale, che avrebbe lo scopo di tentare di capire – per quanto possibile – se alcune porzioni di territorio russo siano effettivamente occupabili. Non solo per alleggerire la pressione nemica sulla linea del fonte interna, ma anche per provare a intavolare una sorta di “scambio” con Mosca nell’ottica di un futuro negoziato di pace. Scenario, questo, che può risultare irrealistico al momento. Ma se Kiev dovesse mantenere le posizioni, per il Cremlino si potrebbe aprire un punto interrogativo strategico non indifferente.