Il 'bizzarro' disegno di legge
Il ‘bonus matrimoni’ della Lega, fino a 20mila euro ma solo per per gli under 35 che si sposano in chiesa: poi la retromarcia…
Una proposta che ha attirato critiche e sfottò immediati, come nel caso di Carlo Calenda che ha parlato di “probabile incostituzionalità” e di una Lega di Salvini “letteralmente fuori controllo”.
La pietra dello scandalo odierno è il disegno di legge presentato alla Camera da cinque deputati del Carroccio che prevede un bonus per il matrimonio fino a 20mila euro, ma solo se viene celebrato in chiesa: chi opta per un rito civile resta a bocca asciutta.
La proposta, come scrive Repubblica, è firmata da un lungo elenco di deputati: si va dal vice-capogruppo a Montecitorio Domenico Furgiuele, al presidente della commissione Attività Produttive e Turismo Alberto Gusmeroli, fino ai parlamentari ‘semplici’ Simone Billi, Ingrid Bisa e Umberto Pretto.
Un ddl che evidenzia, come se se ce ne fosse bisogno, l’idea di famiglia per la Lega: un uomo e una donna, anche da contrapporre alla formula genitore 1-2, legati davanti ad un sacerdote.
Una proposta che ha comunque qualche paletto per l’accesso al contributo: i beneficiari devono avere la cittadinanza da almeno 10 anni e un reddito non superiore a 23mila euro. Obiettivo è quello di riequilibrare il gap tra i matrimoni civili e religiosi, che da tempo continuano a calare.
Il motivo, secondo i firmatari del Carroccio, è proprio legato al costo economico del matrimonio religioso, quello celebrato in chiesa. “Il matrimonio civile – sostengono i deputati leghisti – è di per sé una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso”.
Al di là della probabile incostituzionalità, si conferma che la Lega di Salvini è letteralmente fuori controllo. https://t.co/La7jMrM3xs
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) November 20, 2022
Da qui l’idea di un bonus, l’ennesimo, con la proposta depositata ad apertura di legislatura lo scorso 13 ottobre. Nel testo depositato si legge che “Per le spese documentate connesse alla celebrazione del matrimonio religioso, quali la passatoia e i libretti, l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di acconciatura e il servizio fotografico — è scritto — a decorrere dal primo gennaio 2023, è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 20 per cento delle spese fino a un ammontare complessivo di 20.000 euro”.
Un balzello per le casse dello Stato che viene quantificato in 120 milioni di euro per il 2023, per poi calare a 90 milioni per il 2024 e 85 milioni per il 2025. Una proposta che fa balzare subito all’occhio degli evidenti profili di incostituzionalità: dal favorire alcune categorie, come nel caso della cittadinanza da almeno 10 anni, a quella economica col reddito, fino al discrimine dell’incentivo esclusivo per il matrimonio religioso rispetto a quello civile.
Il passo indietro
Soltanto dopo l’esplodere delle polemiche, anche sui social, è arrivato il passo indietro degli stessi deputati del Carroccio che avevano proposto il disegno di legge.
A parlare per tutti è Domenico Furgiuele, primo firmatario della proposta: “La proposta di legge a mia prima firma, volta a incentivare il settore del wedding, che per questioni di oneri prevedeva un bonus destinato ai soli matrimoni religiosi, durante il dibattito parlamentare sarà naturalmente allargata a tutti i matrimoni, indipendentemente che vengano celebrati in chiesa oppure no”, ha spiegato Furgiuele.
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