Dopo dieci anni, la scorsa settimana, ho rimesso piede in Inps. Sono stato invitato alla presentazione del Rapporto annuale. Inutile negare un po’ di emozione, che ho condiviso con le decine di persone che, rivedendomi, mi hanno mostrato affetto e buon ricordo. Ho ritrovato un Istituto che continua a essere il cuore del welfare italiano. Anche per questo confesso una irritazione – che mi porto dietro da più di dieci anni – per la delega che l’Inps (così come altri enti pubblici) affida all’intermediazione di soggetti (patronati e Caf) che senza aver dovuto fare gare, hanno il monopolio della gestione dei servizi offerti dallo Stato tramite Inps.

Nel 2012 Giuliano Amato fu incaricato di fornire analisi e orientamenti sulla disciplina dei partiti, sul loro finanziamento e sulle forme esistenti di finanziamento pubblico, in via diretta o indiretta, ai sindacati. Glielo chiese il Governo presieduto da Mario Monti. Era il tempo della spending review. Almeno a parole. Missione impossibile? O semplicemente improponibile nel regime partitocratico – citiamo Marco Pannella – che governa il Paese? I partiti sono morti, ma la partitocrazia è viva e vegeta. E non riguarda solo le organizzazioni che hanno preso il posto dei partiti tradizionali, ma da sempre coinvolge le organizzazioni sindacali. Sul finanziamento ai partiti ci si è stracciati le vesti (non tutte) a volte lacerando qualche abito di qualità. Sul finanziamento dei sindacati il silenzio è tombale e chi pone il problema è un nemico del popolo. L’indagine di Giuliano Amato si arenò, di fatto, sui patronati e sui Caf. Gli intermediari istituzionali che facilitano il rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione non sono un’esclusiva delle organizzazioni sindacali. Ma Cgil Cisl e Uil rappresentano la gran parte di questo bosco fitto, non solo di piante, ma anche di insetti.

Iniziamo dai trasferimenti pubblici: poco meno di un miliardo, di sicuro almeno 800 milioni l’anno. Questa è la somma che lo Stato riconosce agli intermediari autorizzati. In questa somma non sono comprese le quote che individualmente i cittadini versano agli istituti di patronato e Caf per iscriversi o per dare seguito alla propria pratica. Chi è iscritto al sindacato non paga nulla? Allora si potrebbe riproporre il tema dimenticato delle quote sindacali. In questi giorni le vicende di Lucca – dove alcuni lavoratori si sono trovati iscritti, a loro insaputa, a un’organizzazione sindacale – confermano, nel piccolo, un problema grande: la consapevolezza della detrazione in busta paga o dal cedolino della pensione (ormai gli iscritti al sindacato sono in maggioranza lavoratori in pensione). Da presidente dell’Inps ebbi l’avventura di predisporre un’indagine sulla delega sindacale. Così come feci un esposto alla Procura su diversi casi di dichiarazioni patronali false (fatte per conto di persone defunte o ripetute per persone in vita). Nell’un caso e nell’altro non ho potuto registrare effetti e conseguenze, se non la fine della mia presidenza.

Sulle ispezioni sulle attività patronali mi limito a ricordare le parole dell’ex ministra Catalfo (M5S): “Il notevole ritardo con cui gli ispettori (ministeriali, ndr) hanno trasmesso gli esiti degli accertamenti ispettivi”, “le numerose discrasie tra le risultanze degli accertamenti”. La relazione presentata nel 2020 riguardava l’attività patronale del 2018. Ma l’ex ministra dovette ammettere che i dati delle ispezioni (per comprovare l’attività effettivamente svolta dai patronati) era ferma al 2013. In buona sostanza lo Stato eroga contributi miliardari a fronte di auto-dichiarazioni. La concorrenza non sarà la panacea per tutti i mali del mercato – ci vuole più Stato in tempi di globalizzazione? – ma resta un elemento imprescindibile per garantire i migliori servizi al prezzo più congruo. Insomma, la concorrenza e la necessità di selezionare i fornitori con gare pubbliche non riguarda solo i balneari. O i taxisti. Lo Stato potrebbe iniziare dal perimetro che presidia direttamente o tramite Istituti o Agenzie ad hoc.

Dalla materia previdenziale a quella fiscale, fino alla promozione sportiva ci sono aree di servizio di diretta spettanza dello Stato e delle sue Amministrazioni. Nel tempo ci siamo abituati a vedere che il pubblico ha fatto un passo indietro, facendosi sostituire – nella relazione con il cittadino e per l’erogazione delle prestazioni – da intermediari “istituzionali” (Caf e patronati). Una contraddizione in termini. L’intermediario tra Stato e cittadino non può essere controparte dello Stato e contemporaneamente suo concessionario. Il conflitto di interessi non è dietro l’angolo, ma prima ancora di svoltare. Il sindacato – secondo la Costituzione – può stipulare contratti collettivi, ma non è detto che debba gestire (direttamente o indirettamente) i servizi dello Stato. È inevitabile parlare di conflitto di interessi, quando il sindacato ha per controparte il soggetto datoriale pubblico. Da un tavolo di confronto e talvolta di contrasto si passa a un tavolo di distribuzione di risorse e di prestazioni. È innaturale. E non a caso abbiamo visto spesso soggetti che dopo aver avuto ruoli di rappresentanza sindacale hanno poi ricoperto ruoli di rappresentanza politica – fino al vertice di partiti – in una commistione digerita, ma sostanzialmente indigeribile.

Monopolisti senza gara e senza controlli. Monopolisti emanazione delle associazioni private di corpi intermedi a cui lo Stato affida – scambiando consenso – l’esclusiva della relazione istituzionale con i cittadini. Nella mia non breve permanenza al vertice dell’Inps ho provato a favorire l’accesso diretto dei cittadini ai servizi dell’Istituto, ma ho dovuto arrendermi alla rocciosità delle proteste dei sindacati. Servono più dipendenti pubblici? Forse sì, in certe amministrazioni. I confronti internazionali ci dicono che in Francia e in Germania il lavoro svolto dai 23mila dipendenti Inps è in capo a circa il doppio di lavoratori pubblici francesi e tedeschi. Oppure, se non si vuole imboccare la via maestra delle assunzioni pubbliche, per erogare servizi pubblici, si proceda a fare gare per affidare il servizio di intermediazione. Il tabù sembra caduto per i balneari, potrebbe cadere per anche per Caf e patronati.