Ci deve essere una ragione se sul bilancio di un cancello abbattuto e di una torretta orbata di telecamera per responsabilità dell’Entità sionista si organizza una crisi internazionale senza precedenti e si mobilitano i governi e le diplomazie di mezzo mondo, mentre se gli attacchi all’Unifil sono fatti con razzi Katyusha lanciati da Hezbollah fila tutto liscio.
Escludendo che si tratti del pregiudizio anti-israeliano che fa condannare un “crimine di guerra” non per ciò che è, ma per chi lo compie (notoriamente quel pregiudizio non esiste, dunque accantoniamo l’ipotesi), occorre rivolgersi a un fronte di analisi diverso. Probabilmente il cancellicidio e la violazione dei diritti dei teleobiettivi appartengono ad ambiti delittuosi più gravi e allarmanti rispetto al bombardamento di un contingente austriaco o irlandese, l’uno e l’altro destinatari dei confetti filo-iraniani senza che il trascurabile evento abbia eccitato le sensibilità gius-internazionalistiche dei garantisti per Hezbollah.

Altrettanto probabilmente è dovuta a quella complessa e contro-intuitiva scala valoriale la definizione delle responsabilità rispettivamente addebitatbili all’autore dell’inammissibile sfondamento imperialista di inferriate e al discolo che spara bensì contro gli uomini dell’Unifil, ma senza infierire sull’arredo dei luoghi e senza attentare alla democrazia degli apparati audiovisivi.
Solo i maliziosi, appunto, solo i prevenuti, solo quelli che vanno a cercare la magagna, e se non la trovano se la inventano, possono pensare che quello squilibrio dei giudizi e delle reazioni dipenda dal fatto che in un caso è l’invasore illegittimo (Israele) che violenta i confini e travolge tutto, compreso il diritto acquisito dell’Unifil di lasciare in pace i terroristi, e nell’altro caso sono le vittime dell’invasione, cioè le milizie di Hezbollah, che magari non sono completamente beneducate ma dopotutto si difendono.

Così come sarebbe indebitamente orientato imputare a questo criterio valutativo il silenzio dei partiti, dei governi, delle cancellerie, delle organizzazioni internazionali, insomma di tutti, sulle intemperanze dei resistenti filo-iraniani, forse anche precariamente mal dirette contro gli uomini delle Nazioni Unite ma pur sempre nel quadro della sacrosanta salvaguardia dell’indipendenza e dell’autonomia dei tunnel intollerabilmente messi in pericolo da Israele.
Diciamo che l’illegittimità degli attacchi all’Unifil dipende dal contesto.