Nel “Si&No” del Riformista spazio alla discussione sulla canone Rai in bolletta: è giusto tenerlo o va eliminato? Favorevole alla tassa sulla tv pubblica in bolletta il giornalista ed ex parlamentare di Italia Viva (nonché membro della Vigilanza Rai) Michele Anzaldi. Contrario invece il senatore della Lega Gianluca Cantalamessa.

Qui il pensiero di Anzaldi:

Grazie al canone in bolletta, deciso nel 2015 dal governo Renzi, sono stati raggiunti due obiettivi che mai nessun altro governo aveva voluto o potuto conseguire nella storia della Rai: ridurre l’importo della tassa ritenuta tra le più odiate dagli italiani; eliminare completamente l’altissima evasione, tra le maggiori in tutta Europa.

Vale la pena ricordare quanto era cresciuto il canone solo negli ultimi anni prima della riforma che lo ha inserito in bolletta: 2007 €104; 2008 €106; 2009 €107,50; 2010 €109; 2011 €110,50; 2012 €112; 2013 € 113,50; 2014 €113,50 (primo anno senza aumento grazie alle pressioni del governo). Con l’introduzione del canone in bolletta il governo è riuscito a ribaltare la situazione e si è passati dai soliti noti che pagavano sempre di più al pagare tutti per pagare meno. Nel 2015 il canone ha visto segnare una prima discesa, con il costo calato a 100 euro, per ridursi ancora di più l’anno successivo fino a 90 euro a famiglia (costo bloccato fino ad oggi).

Tutto questo è avvenuto a parità di gettito: le risorse per la tv non sono diminuite, grazie al recupero dell’evasione che è così scomparsa, mentre gli italiani hanno risparmiato. Chi oggi vuole tornare indietro ha il dovere di dire come intende evitare che gli italiani tornino a pagare di più e che si scateni di nuovo l’evasione, perché è evidente che, se si tornasse al metodo di pagamento precedente, torneremmo ad avere milioni di evasori. A quel punto, per evitare che il servizio pubblico fallisca, il governo dovrebbe imporre il ritorno del tributo ben al di sopra dei 100 euro, oppure dovrebbe comunque stanziare ulteriori risorse pubbliche per far quadrare il bilancio aziendale. In ogni caso pagherebbero gli italiani onesti, che già pagano le tasse.

Per questo, alla luce anche dell’impegno preso con l’Europa di eliminare dalle bollette elettriche costi riconducibili ad altro, nella passata legislatura ho depositato una proposta di legge che potrebbe rappresentare una soluzione in grado di tenere insieme tutte le esigenze: trovando un accordo con le società elettriche, si potrebbe far emettere una bolletta separata solo per le rate del canone Rai, per cui un mese (o due mesi se la cadenza è bimestrale) l’utente paga la bolletta elettrica e il successivo paga la bolletta solo per il canone. In questo modo si scinderebbe il pagamento della luce da quello del canone ma si manterrebbe un metodo in grado di garantire tutte le risorse necessarie e impedire l’evasione.

Se l’obiettivo è tenere fede all’impegno con l’Ue, questa potrebbe essere la strada giusta. Se, invece, lo stop al canone in bolletta nasconde intenzioni diverse, se si vuole usare questa decisione come cavallo di troia per abolire di fatto il canone e quindi per far scomparire il servizio pubblico radiotelevisivo, allora il discorso sarebbe ben diverso. Significherebbe far diventare l’Italia l’unico grande paese europeo senza un’informazione pubblica garantita a tutti i cittadini.

Per eliminare gli sprechi (che ci sono e sono tanti), i privilegi, l’utilizzo squilibrato delle risorse, c’è uno strumento che avevamo indicato in fase di discussione del rinnovo del Contratto di Servizio nella passata legislatura, in commissione di Vigilanza: legare i soldi del canone e la mission indicata nel Contratto di Servizio a degli obiettivi misurabili. In questo modo sarebbe davvero possibile effettuare quella vigilanza che ormai manca da anni sulla Rai, in particolare da parte del Parlamento, ed essere sicuri che le risorse dei cittadini vengano utilizzate correttamente.