La protesta
Il carcere è un inferno, lo dicono anche gli agenti
Il carcere è un luogo invivibile, che esaspera gli animi e schiaccia ogni diritto della persona, anche i più elementari. Ora lo dicono a voce alta anche gli agenti della polizia penitenziaria, quelli che all’interno degli istituti di pena rappresentano lo Stato, lo stesso Stato che lascia che le carceri continuino ad essere un inferno. Ieri a Napoli gli agenti della polizia penitenziaria hanno organizzato una protesta. Con striscioni e bandiere delle più rappresentative sigle sindacali, si sono riuniti davanti alla sede dell’amministrazione penitenziaria della Campania. «Non siamo torturatori ma torturati da un sistema penitenziario poco dignitoso per uno Stato che si definisce civile. Diciamo basta!», hanno affermato gridando i loro i disagi, i loro problemi.
Certo, la loro, è una battaglia di categoria. ma si spera che possa servire per accendere un faro in più nel buio dell’indifferenza con cui i più guardano al sistema carcere e alle condizioni inumane nelle quali sono lasciati i detenuti, in particolare i più soli nella società, gli ultimi. Sventolando bandiere dei sindaci Osapp, Sinappe, Uilpa, Uspp, Fns Cisl, Cnpp, Cgil, agenti della polizia penitenziaria e rappresentanti sindacali hanno partecipato al sit-in di protesta «contro vertici politici e un Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria silente», «che – accusano i sindacati della penitenziaria – intende disporre degli uomini e di donne in divisa come meglio crede». Cosa chiedono i sindacati, che giorni fa hanno anche indetto lo stato di agitazione? «Il ripristino delle non più sostenibili condizioni lavorative del personale di polizia penitenziaria in servizio presso gli istituti per adulti e minorenni e un miglioramento delle relazioni sindacali con i l provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Campania». «Siamo qui, tutti i sindacati della polizia penitenziaria riuniti perché da anni c’è uno stato di abbandono. Soltanto in Campania mancano 600 agenti, serve una riforma del sistema penitenziario», ha affermato Ciro Auricchio, segretario regionale Uspp.
«Il Governo è assente, le norme non sono più adeguate e le carceri sono vetuste e non più in grado di garantire sicurezza sociale», ha aggiunto Lorenza Sorrentino, segretario regionale Fns Cisl. Una battaglia di categoria, dicevamo. Al difficile quadro descritto dai sindacati della penitenziaria aggiungiamo noi, occorre non dimenticare le condizioni spesso invivibili nelle quali si trova a vivere una gran parte dei detenuti della Campania. Il sovraffollamento ne è la principale causa, a cui vanno aggiunti gli scarsissimi investimenti nelle attività di rieducazione dei detenuti, le carenze negli organici di figure come educatori e psicologi, una mancata attenzione per anni all’edilizia e all’architettura penitenziaria, e il fallimento della sanità penitenziaria e della tutela della salute delle persone private della libertà, il fallimento delle Rems, cioè delle strutture sanitarie di accoglienza per autori di reato affetti da disturbi mentali e ritenuti socialmente pericolosi. Fallimenti di cui parlano anche gli agenti della polizia penitenziaria, denunciando la mancanza di figure specializzate all’interno degli istituti di pena e le difficoltà riscontrate dagli agenti stessi nell’improvvisarsi psicologi o operatori nella gestione di detenuti con problemi psichiatrici.
© Riproduzione riservata