L'editoriale
Il caso Consip spiegato bene: nessun reato, solo una guerra tra magistrati
C’è un mio amico ingegnere che mi chiede sempre: «Ma in cosa consiste questo caso Consip?». E poi ride con una risata tipicamente romana. Ride anche perché io non so rispondere. Nessuno sa rispondere. Consip è lo scandalo politico che ha fatto più rumore negli ultimi cinque o sei anni, in Italia, ha tenuto le prime pagine di tutti i giornali, guidati da Travaglio, ha fatto tremare politici e imprenditori. Mari di intercettazioni, belle toste anche se tutte – tutte – irrilevanti. Ma in cosa consiste? Se vai a vedere le carte non capisci niente: ci furono della gare Consip, furono più o meno svolte tutte in modo regolare tranne alcune nelle quali fu vistosamente e volontariamente danneggiato un imprenditore napoletano (Alfredo Romeo), c’è qualche intercettazione che conferma che c’era l’ordine di danneggiare questo imprenditore (il fatto che sia il mio editore non cambia niente nella assoluta oggettività di questo articolo) e poi ci furono, forse, delle fughe di notizie sul fatto che stava partendo un’inchiesta, ma questa inchiesta nessuno sa bene cosa dovesse accertare.
E non si sa bene neanche come andarono le fughe di notizie, visto che gli indiziati sono esponenti politici ma – a occhio e croce – la fuga di notizie deve essere partita dalle Procure. Poi, dietro – o davanti, o al centro – dello scandalo c’è il nome di Matteo Renzi, perché, forse, l’inchiesta era volta a colpire Renzi. Almeno all’inizio. Da un certo momento in poi pare che le cose cambiarono, e l’inchiesta sembrò volta a salvare Renzi. Cosa era successo nel frattempo? Una cosa semplice, una guerra lampo – una guerra vera e propria – tra bande di magistrati. I napoletani, che puntavano probabilmente a colpire Renzi furono scippati dai romani con un colpo di mano (l’arresto di Alfredo Romeo, che solo dopo qualche mese la Cassazione giudicherà assolutamente illegittimo), e i romani da quel momento lavorarono in direzione opposta.
È un gran pasticcio, no? Per cercare di fare luce su questo pasticcio basta cambiare gli occhiali con i quali si guarda a questa vicenda. Se la chiami Inchiesta-Consip, sbagli.
Se la chiami Manovra-Consip forse riesci a capire qualcosa. Manovra politica. La verità è questa qui, e le intercettazioni ce la mostrano. La parte “vincente” della magistratura lavorava esattamente come un semplice e potentissimo gruppo di potere. Era un gruppo diviso in fazioni tra loro in guerra. Ma in guerra su un unico terreno: il terreno del potere. Nessuna di queste fazioni era interessata ad affermare o sconfiggere una certa idea di giustizia, o di diritto, o di funzionamento della giurisdizione. Ciascuna era interessata solamente ad aumentare il proprio potere sul territorio e il proprio potere di condizionamento e di ricatto del mondo politico. Il mondo politico a sua volta era interessato ad interfacciarsi con i gruppi di potere della magistratura, sia per proteggersi dagli assalti giudiziari (che sono diventati da una trentina d’anni lo scenario principale degli scontri politici) sia per avere a propria volta un controllo sulla stessa magistratura e sulle sue dinamiche di guerra. Sul nostro giornale abbiamo pubblicato le notizie che abbiamo raccolto sul modo nel quale fu fatto fuori il procuratore Viola, che avrebbe dovuto diventare procuratore di Roma.
Perché fu scartato? Perché non era ricattabile, dice in una telefonata un consigliere potente del Csm a Palamara. Anzi: è l’unico che non era ricattabile. Tutti gli altri erano sottotiro. E dunque se fosse diventato procuratore nella Procura più importante d’Italia poi non sarebbe stato più controllabile. Niet. Ecco, il gioco era quello: ricatti, promesse, raccomandazioni, scambi, accordi. A nessuno mai è venuto in mente di decidere una nomina usando un criterio di merito o di competenze. Non solo, ma a quanto pare alcuni processi andavano in un modo o in un altro a seconda dei desideri di una corrente, o di una banda, o di un gruppo, o di uno scambio tra loro. Poteva anche succedere che si scambiasse una condanna o un’assoluzione con la nomina di un Procuratore o di un aggiunto. E l’imputato? Merce. E nessuno era in grado (nessuno è in grado) di opporsi.
Del resto anche nel caso Consip questo appare evidentissimo. L’arresto di Romeo è il prezzo che Roma paga a Napoli. E né Roma né Napoli si preoccupano del fatto che l’arresto sia illegittimo. Non è quello il punto. La legittimità o meno di un atto giudiziario è un aspetto del tutto marginale della battaglia, o della manovra politica che si sta svolgendo. Le cose stanno così. Cos’è il caso Consip? Ieri ho telefonato al mio amico ingegnere e gliel’ho detto. Gli ho detto: è il paradigma di un colpo di stato, lungo trent’anni, che ha cancellato dal nostro Paese il diritto del diritto. L’aspetto più sconvolgente della Repubblica Giudiziaria che ha sostituito la Repubblica democratica, non è tanto la delegittimazione della politica, che pure è un fatto gravissimo e sconvolgente, ma è la sostituzione del diritto con lo strapotere e l’abitudine alla sopraffazione della magistratura. Ecco qua, ingegnere, ora lo sai cos’è il caso Consip.
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