Ci sono due modi per interpretare e, soprattutto, per declinare il progetto di un Centro politico nel nostro paese in questa particolare fase storica. Il primo è quello di ridurre il tutto ad uno spot, ad un annuncio, ad una vaga promessa destinati ad essere usati come una clava nei confronti degli altri partiti o leader politici e del tutto avulso da qualsiasi credibilità politica, culturale e programmatica. Poi c’è il secondo approccio, radicalmente alternativo al primo, ed è quello che si concentra sulla valenza strategica che può avere una “politica di centro” nell’attuale fase politica italiana.

Una fase politica dominata prevalentemente da una sorda contrapposizione fra i due principali schieramenti e dove prevale da un lato la voglia – antica e tipica della sinistra ex e post comunista – di delegittimare prima moralmente l’avversario/nemico e poi annientarlo politicamente. E, sul versante opposto, con atteggiamenti dettati dal pregiudizio ideologico e anche personale. Ma, per tornare all’inizio di questa riflessione e alle due modalità concrete di costruire un partito/polo di Centro, possiamo tranquillamente sostenere che la prima versione è interpretata in modo magistrale da Calenda e dalla sua capacità di trasformare la politica in uno spot quotidiano dove è possibile sostenere il tutto e il contrario di tutto nell’arco addirittura di pochi giorni. Per cui il Centro un giorno “fa schifo”, e quindi e di conseguenza tutti i centristi, e poco tempo dopo si escogita un “fronte repubblicano” lontano dai due schieramenti maggioritari dove anche un astratto Centro fa capolino. Come ovvio e persino scontato, si tratta di un progetto legato alla convenienza del momento e destinato ad essere sacrificato sull’altare dello spot quotidiano e dei relativi tweet sfornati a getto continuo.

L’altro approccio, del tutto alternativo a questa deriva trasformistica ed opportunistica, è quello di costruire un reale ed autentico progetto di Centro accompagnato da una coerente e lungimirante elaborazione culturale e programmatica. Un approccio, questo, riconducibile all’attuale impegno di Italia Viva e di tutte quelle realtà – a cominciare dall’area Popolare di “Tempi Nuovi” – che individuano nel progetto di Centro una occasione concreta per ridare qualità e credibilità all’intera politica italiana. Ecco perché, forse, è arrivato anche il momento decisivo per essere più credibili nella cittadella politica italiana. Una credibilità che non è il frutto di considerazioni e giudizi moralistici – sempre deprecabili e da condannare – ma, al contrario, di coerenza politica e di lungimiranza culturale. Perché il Centro e la stessa “politica di centro” non possono essere manipolati, e quindi stravolti, da chi è agli antipodi di questo “metodo” e di questa cultura politica.

Perché se manca questo tassello fondamentale a rischio non è l’annuncio quotidiano di un tweet ma, purtroppo, il progetto complessivo del Centro politico. Per questi semplici motivi, almeno per chi vuol mettere in discussione il cosiddetto “bipolarismo selvaggio”, la credibilità del progetto è oggi l’elemento centrale per evitare la ridicolizzazione dell’intera operazione. È appena sufficiente ricordare, per fare un solo riferimento concreto e storico, che la Democrazia Cristiana era politicamente credibile – per quasi 50 anni nella storia democratica italiana – perché la sua capacità di essere un partito di Centro che declinava una “politica di centro” era percepita come tale dalla pubblica opinione e dal suo elettorato di riferimento. Senza enfasi, senza propaganda e senza comportamenti discutibili e altalenanti.

Giorgio Merlo

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