Il progetto politico del ‘Centro’ lanciato da Matteo Renzi è, forse, la vera novità politica in vista delle prossime elezioni europee. Un progetto, però, che è destinato a cambiare anche gli equilibri politici nel nostro paese, al di là delle battute e degli anatemi di chi inizia ad intravedere la messa in discussione dei vecchi organigrammi gestiti dai vecchi partiti.

Del resto, era abbastanza evidente che qualcosa doveva capitare. La camicia di forza di un ‘bipolarismo selvaggio’ sempre più bislacco ed innaturale non poteva essere a lungo la cornice entro la quale si articola la stessa dialettica politica italiana. La permanente radicalizzazione della lotta politica da un lato e la marcata polarizzazione ideologica dei vari partiti dall’altro sono categorie che semplicemente non rientrano nella fisiologica e storica democrazia dell’alternanza praticata nel nostro paese. Neanche durante l’intera prima repubblica, seppur caratterizzata da altre costanti politiche, culturali e storiche, si declinava una radicalizzazione politica così violenta e virulenta.

Certo, il ritorno di una sinistra populista con Conte e radicale e massimalista con Schlein ha indubbiamente favorito questo contrasto insanabile con lo schieramento avverso trovando una convergenza, speculare, con i settori sovranisti della destra. Un modello, comunque sia, scarsamente praticabile nella democrazia italiana se non in periodi eccezionali e del tutto singolari e temporanei.

Come, appunto, nell’attuale fase politica. Ora, tutti sanno che nel nostro paese, storicamente, si è governato e si continua a governare “dal centro” e “al centro”. Una costante, questa, che trova conferma anche con l’attuale Governo di Giorgia Meloni, al di là della stessa composizione politica della maggioranza. Ma, come è noto a quasi tutti, il Centro e “la politica di centro” non possono essere praticati, declinati e gestiti da chi è culturalmente, politicamente e storicamente distinto e distante, se non addirittura alternativo, a quel metodo, a quella cultura politica e a quella sensibilità ideale.

Lo può fare per un po’ di tempo ma poi è inevitabile che il tempo si incarica di smentire la bontà di quella scimmiottatura. Ed è quello che puntualmente sta avvenendo anche nella nostra cittadella politica. Ecco perché il progetto lanciato da Matteo Renzi e che ha immediatamente registrato l’adesione e l’entusiasmo di quelle culture politiche e di quei soggetti politici che storicamente non si riconoscono nella radicalizzazione della lotta politica – a cominciare dai cattolici democratici, popolari e sociali – è destinato a mietere consensi man mano che si attenuano le inevitabili diffidenze e perplessità di chi vuole testardamente continuare a conservare lo status quo.

Una proposta, quindi, che è destinata inesorabilmente a crescere occupando uno spazio politico che sino ad oggi è stato praticamente scoperto e senza rappresentanza. Un ‘Centro’, infine, dinamico e riformista che sia in grado di declinare e di praticare una vera e propria “politica di centro” e che sia autenticamente plurale. Cioè espressione e rappresentativo di tradizioni culturali e di esperienze politiche riconducibili all’universo valoriale e politico centrista.

Una sorta, appunto, di ‘simil Margherita’, ovviamente rivista ed aggiornata ma che ricalca quella esperienza come ruolo politico, profilo culturale e modello organizzativo. E l’intuizione di Renzi, al riguardo, coglie nel segno perché oltre a dare voce e rappresentanza politica ed istituzionale a mondi vitali e realtà civili da ormai troppo tempo ai margini della politica italiana, è anche in grado di sprigionare un progetto necessario e sempre più indispensabile per la qualità della nostra democrazia, la credibilità delle nostre istituzioni e la stessa efficacia dell’azione di governo.