La svolta
Il centrodestra studia il piano per il Quirinale. Al voto nel 2026? Gli esperti: “Grosso rischio”
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Sciogliere il Parlamento con qualche mese di anticipo, tornare al voto e strappare di nuovo la fiducia degli italiani. Insomma, passare all’incasso. I confini tra fantasia e realtà sono a volte impercettibili, ma di certo nel centrodestra si stanno facendo i conti. Specialmente sponda Fratelli d’Italia. Perché, fresca del 30esimo anniversario da Fiuggi, la destra non può accontentarsi di cullarsi nella storica svolta.
La strategia
Quel nuovo volto ha posto le basi per arrivare a Palazzo Chigi, certo, ma c’è un ultimo tassello per completare la scalata nelle istituzioni: il Quirinale. Su cui la coalizione, in questo formato, non ha mai toccato palla. Ed ecco che negli ambienti della maggioranza si sta ragionando su una possibile strategia per «mettere le mani» sul prossimo voto per il Presidente della Repubblica. Basta guardare gli ultimi inquilini del Colle: Sergio Mattarella (che oggi compie 10 anni dalla sua prima elezione), Giorgio Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi. Nessuno è ascrivibile al centrodestra. Che adesso, forte del consenso popolare, valuta un possibile piano: incrociare il voto per il capo dello Stato con la maggioranza delle due Camere. Come? Anticipando (magari di 12 mesi) la scadenza della legislatura prevista per l’autunno del 2027 e ottenere il bis alle urne, in modo da giocare da protagonista la partita per il Colle a inizio 2029.
I commenti
Facile a dirsi, difficile a farsi. Sicuramente i sondaggi sono dalla parte del centrodestra e potrebbero essere benzina per il piano d’azione. Ma gli esperti contattati dal Riformista frenano. Lorenzo Pregliasco, co-fondatore e direttore di YouTrend, mette in guardia: «Se il centrodestra ha più chance di mantenere un vantaggio e una probabilità di vittoria, questa operazione sarebbe sensata. Però sono ragionamenti di laboratorio. Il fulcro di tutto è l’aspettativa su questa legislatura e sulle sorti a livello di opinione pubblica e di clima nella società». Il sondaggista rimarca un limite importante: «Nulla ti può garantire che tra sei mesi, un anno o due anni il momento per andare a votare sia ideale per la maggioranza». Bisogna considerare che alcuni fattori esogeni, come ad esempio la situazione internazionale, possono avere un certo impatto: «Il rischio di cercare il “massimo bottino” e poi trovarsi con un pugno di mosche è significativo». Anche il politologo Lorenzo Castellani, docente di Storia delle istituzioni politiche alla Luiss, è perplesso: «Gli elettori del centrodestra a oggi sono soddisfatti del governo, come europee, regionali e sondaggi mostrano. Dunque far finire la legislatura prima non è detto che produca lo stesso o maggior consenso elettorale». In effetti c’è un altro nodo tutt’altro che secondario: l’impatto comunicativo, di percezione. Secondo Pregliasco, una mossa del genere «potrebbe essere percepita come pretestuosa, strumentale, come un segno di tracotanza». Con effetti imprevedibili sulla tenuta dell’elettorato. Sulla stessa linea Giovanni Diamanti, presidente di YouTrend e docente in Marketing politico all’Università di Padova: «Mi sembra uno schema con troppi se, un po’ troppo da fantapolitica, ad altissimo rischio. Il centrodestra oggi è maggioranza relativa degli italiani, il campo largo – con un’alleanza larga – potrebbe giocarsela. In pochi mesi il consenso può non solo scendere, ma crollare. Spesso i vincitori annunciati escono dalle urne come perdenti a sorpresa». Tradotto: il gioco non vale la candela.
I pericoli
Chi mastica politica e numeri, quindi, predica prudenza. «La bomba potrebbe finire per scoppiare in mano», sottolinea Pregliasco, evocando quanto accaduto nel 2019 a Matteo Salvini con la crisi del governo gialloverde. E proprio qui si aprono gli scenari di una possibile ricaduta politica. Va comunque simulata una rottura della coalizione, punto su cui Castellani avverte: «Difficile farlo senza un motivo forte e rimettendosi insieme subito dopo». Tornare alle urne troppo in anticipo potrebbe aprire dei giochi di potere all’interno della Lega, prima o subito dopo il voto, «con il rischio di scomposizione del quadro». Ecco perché Giorgia Meloni potrebbe farsi guidare dalla prudenza e non accelerare i tempi. Ma l’occasione di decidere il prossimo presidente della Repubblica è tanto ghiotta.
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