“Sembra abbia avuto un arresto cardiorespiratorio, il ciccione sta morendo”. E il “ciccione” è Diego Armando Maradona, chi parla è Leopoldo Luque, il neurochirurgo che si occupava del campione argentino morto all’improvviso, lo scorso 25 novembre, all’età di 60 anni. Proprio il giorno della morte Luque e la psichiatra Agustina Cosachov hanno intrattenuto una fitta corrispondenza di messaggi e messaggi vocali su Whatsapp. I due sono indagati per presunto omicidio colposo. I messaggi sono stati pubblicati da Infobae e stanno causando molte polemiche in Argentina.
Maradona è morto in una villa a San Andrés de Tigre, nella grande Buenos Aires. Le informazioni di Infobae sono benzina sul fuoco mai spento delle polemiche sulla morte del Pibe de Oro. Polemiche che hanno riguardato la sempre crescente prole, riconosciuta o meno, del campione argentino o le presunte omissioni o negligenze che avrebbero potuto causare la morte.
Il 18 novembre, sei giorni prima dalle dimissioni dalla clinica Los Olivos, dove Maradona era stato ricoverato e operato per un ematoma subdurale, che aveva generato un coagulo in una regione del cervello, un membro dello staff aggiornava Luque sulle condizioni di Maradona. Irritabile, gonfio, affetto da edema. “In qualsiasi caso di paziente affetto da pregresse patologie cardiache, e ancora di più uno uscito da un ricovero da poco, il fatto che fosse gonfio doveva essere motivo di allarme e della visita di un medico per determinare tra le altre cose i segnali vitali, l’ingresso e l’uscito di liquidi, auscultare il cuore e altro”, commenta una fonte medica a Infobae.
Jana, figlia di Valeria Sabalain e di Maradona, premeva per il ricovero del padre. “Jana è una stronza di merda. Vuole farlo ricoverare”, si legge nella chat di Luque. Cosachov avrebbe prescritto un antidepressivo venlafaxina, controindicato per le patologie cardiache di Maradona, secondo quanto sollevato dalle indagini.
Quello che si imputa a chi doveva curare Maradona sono il mancato ricovero, le troppe disattenzioni, la degenza in un appartamento senza confort, senza defibrillatore, bombole di ossigeno, flebo, secondo quanto emerso. El Pibe de Oro, secondo quanto rivelato da Olé dopo l’autopsia, sarebbe morto dopo una lunga agonia, da solo nella sua stanza, a causa di un “edema polmonare acuto” e di una “insufficienza cardiaca cronica aggravata”. Nessuna traccia di alcol e droghe, com’era stato invece ipotizzato in un primo momento; rilevata invece la presenza di psicofarmaci come antidepressivi e antiepilettici.
“Un possibile allarme sulla salute di Diego fu ignorato senza un trattamento sette giorni prima della sua morte”, commenta Infobae che riporta la lunga conversazione tra Luque e Cosachov, che racconta proprio i primi momenti del soccorso a Maradona. Luque sottolinea più volte quanto quel paziente fosse difficile, che la famiglia era aggiornata, in passato ha anche detto che el pibe avrebbe rifiutato il ricovero. Ai due potrebbero aggiungersi altri accusati. Si aspetta a questo punto la data in cui verrà formulato il capo d’accusa. Non è da sottovalutare il rischio di un processo mediatico per via della grande attenzione, in alcuni casi vicina al fanatismo, della quale Maradona era da sempre oggetto in Argentina, come provato dalle immagini dei suoi funerali.