L'ex calciatore: “Ai miei tempi li avrebbero attaccati al muro”
Il compagno Leao e la foto del saluto romano di Di Canio: così ‘l’antifascista’ del Milan zittisce chi lo critica (senza chiedere scusa)
Cinque puntini sospensivi, giusto per abbondare, e la foto di Paolo Di Canio e del suo saluto romano quando vestiva la maglia della Lazio. Rafael Leao, attaccante del Milan, risponde così alle parole pronunciate dall’ex calciatore, oggi opinionista di Sky Sport, sul rifiuto del cooling break dello stesso portoghese e del collega Theo Hernandez.
Leao e le frecciate a tifosi e tecnico
Dopo appena tre giornate di campionato, Leao si è reso già protagonista di episodi che mettono in dubbio la sua permanenza in rossonero. La scorsa settimana è stato protagonista di un gesto offensivo verso i tifosi del Milan (dopo l’assist per il momentaneo 1-1 di Pulisc nella sfida persa a Parma, ha esultato zittendo, e provocando, i supporter rossoneri colpevoli, a suo dire, di attaccarlo gratuitamente). Sabato scorso, 31 agosto, invece ha deciso di vendicare l’affronto subito dal tecnico Fonseca, che li ha esclusi dall’undici iniziale con la Lazio, con una sorta di ammutinamento insieme al compagno di squadra Theo Hernandez.
Di Canio asfalta Leao e Theo: “Ai tempi miei li avrebbero attaccati al muro”
Una immagine brutta e offensiva, soprattutto nei confronti degli altri giocatori rossoneri. Immagine che ha fatto rapidamente il giro del web e che ha portato Paolo Di Canio a condannare duramente il gesto. Nel corso del “Il Club” condotto da Fabio Caressa su Sky Sport, Di Canio ha demolito entrambi usando come termine di paragone quel che succede in una partita di calcetto del suo dopolavoro. “Se una cosa del genere succede al dopolavoro… anche coi miei amici che stiamo cazzeggiando e stiamo lì a giocare, se uno si mette lì con la pancia in disparte io gli dico: ao’ che stai facendo ma vieni qua tra di noi. E si paga 10 euro per il campo… adesso non voglio fare populismo ma questa cosa è una vergogna”.
“Il capitano si mette là a parlottare, come a dire: ma vedi questo… È delegittimazione! Il mister, i compagni di squadra declassati da quell’atteggiamento ai miei tempi li avrebbero attaccati al muro e presi coi cazzottoni. Questa è una vergogna! È un modo per delegittimare”.
Leao l’antifascista che non chiede scusa
© Riproduzione riservata