Letture
Lo scaffale
“Il Concilio Vaticano II spiegato ai miei figli”. Fu vera rottura, o forse no

Ci troviamo, con questo “Il Concilio Vaticano II spiegato ai miei figli”, grosso volume di Luca Del Pozzo (ed. Cantagalli), dinanzi a una meticolosa lettura anti-progressista di quell’evento cruciale per la storia della Chiesa. Tema assai complesso, sicché questa è un’opera utile per la mole di argomentazioni ma anche di esposizione di fatti e documenti e per approfondire appunto le ragioni di una lettura che nega la concezione del Concilio come “rottura” e inedita spinta al rinnovamento della Chiesa.
«Il Concilio Vaticano II non ha rotto un bel nulla (se non forse i piani e i disegni di chi si illudeva/si illude che lo Spirito Santo stesse/stia a suo servizio) – scrive l’autore nell’introduzione – Esso ha rappresentato piuttosto, allo stesso tempo, il punto d’arrivo e il punto di partenza di un processo di rinnovamento nella Chiesa inteso nel suo senso più genuino: quello, cioè, di un rinnovamento nella continuità, secondo la chiave di lettura della “ermeneutica della riforma” proposta da Benedetto XVI in uno dei suoi monumentali discorsi». Osserva nella prefazione il cardinale Robert Sarah: «Una reale e autentica attuazione del Concilio, piuttosto che programmi di riforma ecclesiale o percorsi sinodali dall’esito incerto, è il vero rinnovamento che la Chiesa da sempre persegue, cioè la conversione e il ritorno a Cristo, ovvero la chiamata alla santità, dalla quale prende forza un nuovo slancio missionario “centrato” sull’uomo».
Quella di Del Pozzo è ovviamente una lettura legittima, sulla quale certamente vi sarebbe una molteplicità di opinioni, e non è certo questa la sede né per confutarla né per avallarla. Particolarmente utile, per chi volesse approfondire, è tutta la parte dedicata alla fondamentale enciclica Gaudium et spes, uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II, promulgato da Paolo VI il 7 dicembre 1965, l’ultimo giorno del Concilio. Lì si scorge il senso del rinnovamento spirituale di una Chiesa faccia a faccia con la modernità. E per quanto si possa adottare un’ermeneutica della continuità, la Gaudium et spes è passata alla storia anche perché – in luogo della precedente neutralità verso le forme di governo – sancì formalmente l’opzione preferenziale per la democrazia. Quanto poi la Chiesa sia riuscita a fare i conti con la contemporaneità è questione aperta. Questo libro indica piuttosto un’altra strada: quella del ritorno a una Chiesa meno influenzabile, più autonoma, forse meno mondana.
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