Giuseppe Conte sta perdendo pezzi. Vuole indire una assemblea costituente in fretta e furia allo scopo di farla finita con la diarchia, con il pungolo continuo di Beppe Grillo. Una nuova scissione è nell’aria, come prevede il politologo Aldo Giannuli, che conosce e interpreta le vicende del Movimento sin dagli albori, quando quello del 5 Stelle era un progetto ancora vago che condivise con lui, una sera a tavola, Gianroberto Casaleggio.
Contiani contro Grillini
Le fazioni in lotta sono due: i contiani contro i grillini, ovvero i sostenitori del partito organicamente subalterno al Pd e quelli del Movimento ancora trasversale, fluido, inclassificabile. Dietro ci sarebbero mancati accordi tra i due (anche di natura economica) e le tensioni crescenti in vista delle tre regionali d’autunno. «Prevedo una scissione», dice Giannuli guardando allo scontro in atto. E puntuali come spesso si verificano le sue previsioni, arrivano le dimissioni di un senatore pugliese, Antonio Trevisi. Che lascia il Movimento per entrare in Forza Italia. Che smacco. Il partito che aveva già perso terreno a sinistra vede più d’una uscita verso i lidi del centrodestra. Segno che quel «radicamento progressista» di cui parla Giuseppe Conte, nella realtà, è assai poco radicato. «Ma io so’ io», diceva il Marchese del Grillo. E il Conte del Grillo non è da meno.
Serenità, nasce il nuovo Movimento, ma…
Va tutto benissimo, a sentire lui. Sintesi per chi ieri sera lo ha incrociato in Transatlantico: il processo verso l’assemblea costituente M5S va “benissimo” e allo stesso modo è andato l’incontro con i gruppi parlamentari tenutosi ieri notte. Il leader dei 5 Stelle prova a sbandierare una serafica serenità. Smentisce le fibrillazioni, le fronde interne e le correnti. E mantiene l’idea della kermesse che porterà gli iscritti a riscrivere regole e temi fondamentali del Movimento. Peccato, però, che la realtà si incarichi di suonare la sveglia. E di recapitargli, proprio ieri, una dura lettera arrivata da 11 ex parlamentari M5S in difesa del garante Beppe Grillo. E a distanza di qualche ora, ieri sera, ecco anche l’addio del senatore Antonio Trevisi, passato a FI. Si starebbe pensando a una soluzione di compromesso.
Lo schieramento
Giuseppe Conte ieri è stato difeso da Alessandra Todde, la governatrice della Sardegna molto vicina all’ex premier. Potrebbe essere lei, in caso di crisi, a sostituirlo, prendendo le redini del Movimento? Molti sono i suoi sostenitori. Né sarebbe una prima volta per una presidente di regione alla guida di un partito: Nicola Zingaretti lo dimostra. Però tra i grillini c’è chi preferisce Virginia Raggi. L’ex sindaca di Roma è a capo dell’ala «pura e dura» ed è spalleggiata dall’esterno da Alessandro Di Battista. Conte e Todde da una parte, quindi. Grillo e Raggi dall’altra. Tra i due campi, uno scontro destinato a tirare fuori il peggio e secondo Giannuli «ad avvicinare la scissione». Dal 9,90 in effetti due partitini del quattro e mezzo ci escono. Così chiedere asilo alla Schlein sarebbe più semplice e garantire i propri fedelissimi anche. Che il clima sia teso lo dimostrano, mettendo il loro disappunto nero su bianco, 11 ex parlamentari, nella loro lettera: «L’ingratitudine è una mescolanza di egoismo, orgoglio e stupidità, affermava Cartesio. “Di norma, gli uomini sono stupidi, ingrati, invidiosi, bramosi degli averi altrui; abusano della propria superiorità quando sono forti e diventano delinquenti quando sono deboli”, aggiungeva Voltaire», è il duro attacco della missiva scritta e firmata dagli ex eletti Rosa Silvana Abate, Ehm Yana Chiara, Jessica Costanzo, Emanuele Dessì, Elio Lannutti, Nicola Morra, Michele Sodano, Simona Suriano, Raffaele Trano, Andrea Vallascas, Alessio Villarosa. «Solo per contribuire a ripristinare la verità storica, fattuale e poi anche politica, interveniamo in merito alle evidenti divergenze tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, il fondatore del M5S, assieme a Gianroberto Casaleggio, il visionario mite e determinato, purtroppo scomparso prematuramente, ai quali molti “smemorati di Collegno”, senza arte né parte, dovrebbero dimostrare rispetto e gratitudine», spiegano, ricordando di essere “ex senatori e deputati M5S, espulsi dai gruppi Senato e Camera per non aver votato la fiducia al Governo di Mario Draghi”. E infatti, rispetto a quella scelta, osservano che “oggi chi si scusa con gli iscritti, si dimentica di alcuni, gli espulsi, che hanno pagato un conto durissimo per aver mantenuto fede ai principi ed esclusi perché scomodamente eretici. Le scuse tardive non cancellano le responsabilità di chi ha preferito il potere al servizio” e «come può un leader che ha guidato il Movimento dal 32,7% al 9,99% non assumersi minimamente la colpa di questo tracollo?». Una missiva di fuoco, un Vaffa scritto e firmato. Niente male, per suggellare quel clima di intesa cordiale di cui parla Conte.