Esteri
Il coraggio di Alexei Navalny vince ogni isolamento
Putin spedisce il suo avversario più celebre oltre il circolo polare artico. Ma lui non molla e rilancia la resistenza con tenacia e ironia

Le notizie che improvvidamente risolvono il mistero della scomparsa di Alexei Navalny arrivano nel giorno del Natale (occidentale) arrivano via “X”, ex Twitter, e sono dolciastre e rassicuranti. L’oppositore in ceppi assicura di star ben, è persino di buon umore nel nuovo campo di concentramento gelido ma funzionale nel distretto della regione polare di Yamalo-Nenetsia. Così, ora sappiamo che l’unico oppositore ancora in vita di Vladimir Putin, dopo tre settimane di assenza dal mondo, improvvisamente trasmette via social un messaggio che sembra scritto per la gioia dell’ufficio stampa e delle pubbliche relazioni del signor Peshkov, in cui lui stesso garantisce di essere felice e contento dopo venti giorni in viaggio per vie traverse, da Mosca a una sorta di Spa carceraria ed ex lager a nord del circolo Artico russo: una colonia penale nella sperduta landa oltre la cittadina di Kharp perennemente al buio e sottozero: “Qui si passa dalla notte profonda e nera – scrive Navalny – ad un crepuscolo senza luce cui segue una nuova notte sempre più lunga, più nera e gelida”. Il suo messaggio di prigioniero sottomesso e sottochiave ricorda le note del patriota italiano Silvio Pellico che l’Impero austriaco fece rinchiudere nella fortezza dello Spielberg vicino a Brno oggi nella Repubblica Ceca, insieme al musicista Pietro Maroncelli.
Oggi, la loro cella di panche e di pietra è un museo, soltanto perché in quella cella Silvio Pellico scriveva le memorie pubblicate come “Le mie prigioni”. La cella di Alexei Navalny che improvvisamente scrive su Twitter si trova in un luogo segreto e noto ai soli carcerieri. Chi avrà tanto gentilmente fornito al galeotto Navalny un cellulare? Chi avrà revisionato il testo? Oppure il testo gli è stato dato già pronto per essere inviato? Navalny usa l’ex Twitter che appartiene al satrapo industriale Elon Musk, ambiguo miliardario passato dal sostegno all’Ucraina a quello per la Russia e il cui social viene usato per diffondere informazioni edulcorate e rassicuranti sulla sorte dell’unico oppositore ancora vivo di Vladimir Putin condannato e deportato per “estremismo”. Il prigioniero, per scelta strategica del Cremlino non deve essere brutalmente fatto fuori come accadde ad altri celebri oppositori come Anna Politkovskaja abbattuta a revolverate davanti all’ascensore appena tornata dal mercato con i sacchetti della spesa. Per una forma di omaggio istituzionale, Anna fu trucidata nel giorno del compleanno di Putin, un discreto dono di alcuni ammiratori.
L’estremista Navalny era stato già avvelenato con un trattamento di metalli letali ma salvato dopo una lunga degenza in Germania. Una volta guarito e dimesso, il fuggiasco prese un aereo di linea per volare in Estonia, ma – era il 17 gennaio del 2021- apparvero un paio di caccia militari Ilyushin che costrinsero il pilota ad atterrare in Russia dove Navalny, contro ogni legge, convenzione e trattato, fu tirato fuori dalla carlinga, picchiato e ammanettato con un’azione di pura pirateria aerea, portato davanti a un tribunale speciale e condannato a 19 anni per “estremismo”.
In Russia si può oggi essere accusati, catturati, processati, condannati e imprigionati per decenni sotto l’accusa di “estremismo”, senza che sia definito il concetto e il reato di “estremo”, incautamente varcato dal criminale in questione. Nel caso di Navalny, le accuse erano ampiamente provate: l’abbietto giovanotto si era fatto avvelenare rischiando la morte per poter mostrarsi al mondo in un ospedale tedesco come un povero perseguitato, nuocendo così alla sua patria e al suo zar.
Ma la patria vigilava su di lui e la notizia del suo imbarco corse veloce per le vie informatiche del Fsb, successore del Kgb, fin da quando aveva cominciato a dare fastidio come blogger, causando problemi d’immagine al governo di Putin con inchieste sulla corruzione del regime russo con i nomi degli oligarchi arricchiti illegalmente. Con questa tecnica antipatriottica creò intorno a sé un movimento di altri estremisti che producevano altre inchieste sui traffici del potere neo-zarista. Si era trasformato in leader di un pulviscolo di movimenti politici, persino in grado di sfidare Putin e i suoi potenti oligarchiche. Essendo diventato troppo noto all’estero, il governo russo decise di non tentare più di assassinarlo ma metterlo al sicuro in prigioni scomode e lontane. Il suo ultimo trasferimento risponde a questa necessità, avvicinandosi il periodo delle elezioni in cui Putin deve trionfare senza avversari.
La decisione è stata presa un paio di mesi fa e attuata nelle ultime tre settimane senza che nessuno ne fosse informato, in particolare la famiglia in angoscia. Il viaggio è stato spezzato in una serie di tappe percorrendo strade secondarie e così il possibile candidato Presidente russo ha compiuto in manette un viaggio di duemila chilometri a Nord di Mosca, verso e oltre il Circolo polare Artico russo. Lì è stato sistemato in una cella scomoda con abiti insufficienti ma non tali da farlo tremare e gli è stata recapitata una traccia di testo con cui annunciare al mondo di essere vivo e di stare benissimo. E di essere anche di buon umore asserendo di essersi fatto crescere la barba per somigliare a Babbo Natale, e di sentirsi appena “un po’ provato” da un viaggio nel gelo e nella notte durato tre settimane.
Negli ultimi venti giorni si era persa di lui ogni traccia e il rassicurante messaggio su “X” conferma oggi che i suoi carcerieri hanno seguito con successo l’itinerario permettendo così di confermare il suo allontanamento da Mosca prima delle elezioni destinate al nuovo trionfo di Vladimir Putin, al potere dal 1999, senza avversari, senza alternative, senza opposizione, con Alex Navalny messo nel congelatore e definitivamente fuori dalle scatole per molto tempo.
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