Le scelte
Il Coronavirus è di sinistra o di destra?

Il Coronavirus è di destra o di sinistra? Una domanda che messa così potrebbe anche sembrare velata d’ironia e forse anche oziosa per la grande confusione che regna sotto il cielo. Di certo è una domanda che, proprio a partire da due categorie così incerte, si può interpretare in modi diversi a seconda dei punti di vista. Per chi sta al Governo il virus è il protagonista di un’emergenza che, comunque, gli dà un palcoscenico potente perché di fronte ha l’ansia di un Paese, sia per quanto riguarda l’azione, sia sotto il profilo dell’esposizione mediatica. Al contrario dell’opposizione che invece arretra su entrambi i fronti, sfavorita anche dalla clausura che da poco è finita. Su questo piano della visibilità e del differenziale fra chi sta nella stanza dei bottoni e chi ne è escluso, se ne va a sovrapporre un altro, più insidioso: c’è una differenza di politiche nei confronti del Covid-19? Sappiamo quanto sia difficile attribuire la certezza di un perimetro ai due schieramenti: sinistra o centro sinistra o sinistra con populismo di contro a centrodestra o destra con più enfasi populista e sovranista?
Difficile per qualunque cartografo della politica nazionale. In questa confusione, comunque, una prima linea di discrimine mi pare riguardi il rapporto che la politica stabilisce nei confronti della società. Da una parte, il Governo che punta su sicurezza e inclusione, con un doppio livello di provvedimenti, volto da un lato a stabilire le condizioni di una ripartenza che non rilanci il contagio, dall’altro a produrre aiuti e sostegni alle diverse parti sociali e, dunque cercando di allungare per quanto possibile la coperta che rimane stretta e oltretutto ancora incapace di dare il giusto riscaldamento (in altre parole, i soldi dichiarati ancora non arrivano a destinazione…). Di contro, l’opposizione che si fa portavoce delle categorie più a rischio e – con Salvini – dichiara di avere “trenta proposte di buon senso”. E il buon senso ci porta ancora da un’altra parte perché, se è vero come diceva Cartesio che nessuno ammetterebbe mai di non averlo, è altrettanto vero che su di esso andrebbe a fondarsi una politica lontana dalle ideologie e ispirata al realismo e al pragmatismo. Cosa, parrebbe, non frequente dalle nostre parti…
Allora, destra o sinistra? Impossibile tagliare giù una linea netta. Il virus costringe il Governo a unire sicurezza e assistenza, come a dire due cavalli di battaglia che fino a qualche mese fa dividevano la politica, poi ci sarebbe l’Europa, un tradizionale punto di riferimento sia per la sinistra che per il centro che per il centrodestra, assai meno per la destra-destra che contesta gli euroburocrati e l’asservimento a Bruxelles. Il Covid-19 ha fatto saltare anche la divaricazione tra sinistra welfare e liberismo, semmai una linea di demarcazione la possiamo ritrovare tra chi ha intrapreso una politica di controlli, restrizioni, mascherine e distanze sociali e chi invece, con esibizionismo spinto, avrebbe voluto assecondare un laissez faire, nella convinzione iperliberista che il virus lasciato a se stesso avrebbe automaticamente prodotto alla fine l’immunità di gregge, con tanti saluti alle perdite che questa libertà avrebbe comportato (e ha comportato).
Un tratto comune, comunque, il virus sembra evidenziarlo: la difficoltà di guardare lontano. Nel mezzo di una crisi senza precedenti, il virus aumenta la miopia e non sollecita riflessioni complessive che guardino questo passaggio alla luce di tutto quello che lo ha preceduto e come punto di partenza per un futuro tutto da progettare, con larghezza di orizzonti e lucidità. Ma voglio ancora rovesciare il punto di vista e provare ad assumere – con tutti i rischi del caso – quelli del Covid-19. Si può dargli una collocazione? È invisibile e sembra onnipotente, non conosce confini, come gli intellettuali dell’illuminismo, è (rovinosamente) cittadino del mondo, non discrimina, anche se sembrerebbe avere più attenzione per le età avanzate (ma poi abbiamo scoperto che i contagi stanno un po’ dappertutto) e per il maschile rispetto al femminile.
In questo si comporta come ‘a livella di cui poetava Totò, democratico fino al populismo più esasperato, anche se certo si trova più a suo agio dove le soglie della ricchezza sono più remote. Insomma, ha una pulsione totalitaria, globale e non sovranista, e al tempo stesso una vocazione egualitaria che semmai siamo noi, con le nostre differenze e dislivelli, a rendere meno ugualitaria. E dell’ordine democratico non ha l’apertura al dialogo. No, la sua realtà è quella darwiniana della lotta per la vita, la sua, e la nostra gli serve solo per quello. Aspettiamo con ansia un vaccino. O ce ne sarà uno di sinistra e uno di sinistra?
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