Il conflitto in Medio Oriente è ormai diventato – non solo in Italia – una specie di porto delle nebbie, in cui i figli delle vittime della Shoah sono ritenuti responsabili del massacro di un altro popolo. La semplice comparazione è ignobile, ma la sua percezione è diffusa. Da ultimo, ci ha pensato Giuseppe Conte ad accodarsi al “cretinismo antisemita” (spero a sua insaputa), con l’appello agli “amici ebrei” affinché condannino lo “sterminio” dei palestinesi.

La verità è che almeno dal 1982 – anno dell’invasione del Libano – la memoria dell’Olocausto si è scontrata con difficoltà crescenti. Anche perché, nell’antropologia del sacrificio, la vittima deve sempre apparire innocente. Lo Stato israeliano non è innocente, l’ebreo di Israele non è innocente, perché hanno osato difendersi e combattere per la loro sopravvivenza. E fin qui, per fortuna, con successo.

Ma dal 7 ottobre 2023 il proprio diritto a esistere è stato di nuovo messo in discussione, questa volta dai macellai di Hamas e dai suoi burattinai, a cui forse non dispiace che Gaza venga rasa al suolo per proclamare la “guerra santa” contro gli infedeli. Chi non ha perso il senno sa che da oltre mezzo secolo la questione israelo-palestinese provoca non una critica (lecita) delle politiche dei suoi governi, bensì la sua delegittimazione come Stato. Come se non bastasse, l’identificazione di sempre più ampi settori della diaspora con Israele ha steso il tappeto a un nuovo antiebraismo, non riconducibile né alla tradizione antigiudaica cristiana né all’antisemitismo razziale.

Manipolazione e negazione della verità, cioè di fatti accertati e provati, sono procedure caratteristiche della propaganda contro gli ebrei. La contrapposizione tra l’Europa cristiano-ariana e l’ebraismo rappresentava il centro della storia del mondo e giustificava la “funzione di salvezza” della missione del Führer. Per i negazionisti della sinistra radicale, eredi delle derive ideologiche dell’antimperialismo occidentale, tutti i regimi politici del Novecento (dalla democrazia liberale al fascismo) sono stati varianti di un unico dominio totalitario. E non da ora questo verdetto aberrante viene emesso contro l’unica democrazia che esiste nel Medio Oriente. Oggi ne possiamo vedere tutte le tragiche conseguenze culturali e morali, appunto, anche nelle dichiarazioni di un leader politico neopacifista assetato di voti.