Quante cose non hanno visto in tutti questi mesi Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv, i quattro che con tanti altri furono rapiti dalle belve del 7 ottobre, e che l’altro giorno sono stati liberati dall’esercito sottoposto a giudizio perché non avvisa i sequestratori che sta arrivando.

In questi nove mesi di sequestro non hanno assistito ai dibattiti in cui si definiva “resistenza” il loro rapimento, né alle prolusioni sul diritto di un popolo oppresso di guadagnarsi libertà di azione dal fiume al mare secondo il modulo del Sabato Nero, e cioè uccidendo i neonati ebrei nelle culle, prendendo le madri di quei neonati e stuprandole accanto al marito assassinato, prendendo i vecchi e le vecchie e fucilandoli davanti ai nipoti, e poi prendendo anche loro, altri bambini, che provano a scappare, prendendoli e bruciandoli vivi, e poi prendendo il loro padre, per ammazzare anche lui, per fotografarne il cadavere oltraggiato e per mandare le foto ricordo ai parenti e agli amici mentre dall’Onu si spiega che certe cose non vengono dal nulla.

La sofferenza degli ostaggi

I quattro ostaggi, in questi nove mesi, non hanno visto la loro immagine strappata, bruciata, riempita di sputi nelle strade delle città statunitensi, sulle vie dell’Europa che fu della Shoah e nelle piazze dell’Italia che scrisse le leggi razziali. Non hanno letto il ricorso del Sud Africa alla Corte Internazionale di Giustizia, seimilaquattrocentoventicinque parole tra le quali venti volte ricorre “genocidio”, e mai una “ostaggi”. Non hanno letto “Anatomia di un genocidio”, il pamphlet dello “special rapporteur”, Francesca Albanese, in cui si spiega che il rapporto non si occupa di loro perché loro “esulano dall’ambito geografico” del mandato attribuito a questa signora: ambito che comprende le case dei civili uccisi da Israele, non le medesime case dei civili usate per tenerci gli ostaggi.

“Il nazismo di Israele”

Non hanno letto i giornali in cui, per nove mesi, il nazismo di Israele, l’apartheid fatto da Israele, il genocidio fatto da Israele, la pulizia etnica fatta da Israele purtroppo non lasciavano spazio sufficiente per un trafiletto dedicato a loro. E stavano ancora tornando a casa, erano ancora sull’elicottero mentre le agenzie di stampa diffondevano l’indignazione del mondo pacifista davanti a una liberazione costata tanto sangue innocente. Tutto il sangue che non sarebbe stato versato se i quattro ostaggi, come altri prima di loro, fossero stati uccisi così, pacificamente e senza condizioni, anziché liberati nel trionfo di questa violenza gratuita.