Dopo un estenuante tira e molla durato mesi, il Consiglio superiore della magistratura alla fine ha deciso: Francesco Lo Voi sarà il nuovo procuratore di Roma. Lo Voi, attualmente procuratore di Palermo, ha ottenuto ieri in Commissione per gli incarichi direttivi quattro voti contro uno solo andato al procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Per Lo Voi hanno votato il laico di Forza Italia Alessio Lanzi, promotore della sua candidatura, ed i togati Antonio D’Amato (Magistratura indipendente, la corrente di Lo Voi), Michele Ciambellini (Unicost), Alessandra Dal Moro (Area). A favore di Viola, invece, il davighiano Sebastiano Ardita. Si è astenuto il pentastellato Fulvio Gigliotti. Dopo il voto in Commissione, l’ultima parola spetterà, quasi certamente prima di Natale, al Plenum.

Il risultato è scontato dal momento che le tre correnti, Magistratura indipendente, Area e Unicost, che in Commissione si sono espresse per Lo Voi hanno dodici rappresentanti in Plenum. A cui andranno aggiunti i voti dei due capi di Corte, il primo presidente Piero Curzio ed il procuratore generale Giovanni Salvi. Sommati a quello Lanzi e sicuramente a quello dell’altro laico forzista, l’avvocato Michele Cerabona, danno una maggioranza schiacciante per Lo Voi. Impossibile per Viola tentare, allora, di ribaltare il voto della Commissione. Termina così, dopo un contenzioso amministrativo durato oltre un anno e mezzo, la partita per la Procura più importante d’Italia. Per Viola resta solo l’amaro in bocca. Il pg di Firenze era stato votato dalla Commissione per gli incarichi direttivi il 23 maggio del 2019 a larga maggioranza. Per Viola aveva votato anche Piercamillo Davigo.

Lo scoppio del Palamaragate, il 29 maggio successivo, aveva avuto fra le varie conseguenze l’annullamento di quella votazione in “autotutela”. Il motivo? Luca Palamara e i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti avevano fatto il suo nome come erede di Giuseppe Pignatone nell’ormai celebre incontro la sera del 9 maggio all’hotel Champagne. Viola procuratore di Roma avrebbe potuto agevolare, secondo la tesi dell’accusa disciplinare che portò poi alla radiazione di Palamara, quest’ultimo nella sua resa dei conti contro i colleghi di piazzale Clodio che avevano fatto accertamenti sui rapporti che aveva tenuto con il faccendiere Fabrizio Centofanti. Oltre ad “aiutare” Lotti nel processo Consip dove è imputato. Viola, però, era all’oscuro di tutto. Dalle intercettazioni sul telefono di Palamara non era emerso alcun contatto con il pg di Firenze.

La nuova Commissione per gli incarichi direttivi, insediatasi dopo le dimissioni dal Csm dei togati che avevano partecipato all’incontro all’hotel Champagne, oltre ad aver annullato la nomina di Viola, aveva successivamente deciso di non portare più il suo nome in Plenum. Ad uscire vincitore fu quindi Michele Prestipino, allora aggiunto a Roma e fedelissimo di Pignatone, che alla votazione del 23 maggio non aveva preso un voto. Il Csm, per sopperire alla carenza di titoli di Prestipino, aveva valorizzato oltre misura il suo “radicamento territoriale”: pur non avendo mai ricoperto l’incarico di procuratore, a differenza di Viola, doveva comunque essergli preferito, il ragionamento del Csm, per la sua “maggiore conoscenza” della realtà criminale della Capitale.

Una motivazione che non trovava alcun appiglio nel testo unico sulla dirigenza di Palazzo dei Marescialli. Viola aveva poi avuto ragione sia al Tar che al Consiglio di Stato. Il Csm inizialmente aveva provato a resistere, seguendo Prestipino nel suo ricorso per “eccesso di potere” del Consiglio di Stato in Cassazione. La decisione era attesa per il prossimo 23 novembre. Per Prestipino, a questo punto, si ipotizza uno “scambio” con Lo Voi a Palermo. Per Viola, invece, resta aperta la strada per la Procura di Milano.