Il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di “riservare all’eventuale fase processuale” la valutazione dell’opportunità di costituirsi parte civile nel processo a carico di Luca Palamara. Palazzo dei Marescialli, dunque, prende tempo ed evita l’imbarazzo, dopo aver giudicato ed espulso Palamara dalla magistratura, di passare ora per il danneggiato dalle sue condotte. «Io non conosco un caso in cui il giudice sia anche persona offesa di quella vicenda», disse – profetico – Stefano Giaime Guizzi, consigliere di Cassazione e difensore dell’ex zar delle nomine. La settimana scorsa il gup di Perugia Piercarlo Frabotta aveva invitato il Csm, nella persona del vice presidente David Ermini, “quale persona offesa e danneggiata dai delitti di corruzione contestati a Palamara” a costituirsi parte civile.
«Ritenuto che la forma ancora inevitabilmente precaria della contestazione renda opportuna non pervenire immediatamente ad una decisione riservandosi all’eventuale fase del dibattimento quanto saranno definitivamente cristallizzati le ipotesi d’accusa», la risposta secca del Csm. Dopo aver buttato momentaneamente la palla in tribuna sul fronte Palamara, il Csm ha deciso di assolvere i chattatori che si rivolgevano all’ex presidente dell’Anm per chiedere nomine o incarichi. Oggi il voto in Plenum. Nei confronti di queste toghe era stata aperta una pratica per “incompatibilità ambientale”. Fra le archiviazioni di peso, quella del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho e del procuratore di Milano Francesco Greco. Per quanto riguarda la Procura di Milano, nel 2017 erano vacanti ben sei posti di procuratore aggiunto su otto in pianta organica. La Commissione per gli incarichi direttivi si era riunita il 20 settembre 2017 e aveva formulato le proprie proposte, poi trasmesse al Plenum che aveva deliberato l’8 novembre 2017.
Pochi minuti prima della seduta di Commissione, Palamara viene messo in allarme e invitato a sentire Greco. La “cinquina” prevede: “De Pasquale (Fabio), Dolci (Alessandra), Siciliano (Tiziana), Mannella (Maria Letizia), Pedio (Laura); sesto posto a Fusco (Eugenio) tra un mese”. Tutte toghe progressiste, come Greco, o di centro. Nessuna della destra giudiziaria di Magistratura indipendente, la corrente di Cosimo Ferri. Palamara chiede dove possa variare, rispetto a questi nomi, per poter esprimere il voto in favore di un appartenente al proprio gruppo associativo, Unicost, pur tenendo in considerazione i gradimenti di Greco. La Commissione formulò proposte unanimi per le dottoresse Siciliano e Mannella, a larga maggioranza (cinque voti a favore) per Fusco, De Pasquale e Dolci, e una proposta con tre voti a favore della dottoressa Pedio e tre voti a favore di Nunzia Ciaravolo.
Il 4 ottobre successivo, il magistrato milanese Angelo Renna scrive a Palamara un messaggio sibillino:
«Greco mi ha voluto dire che ieri avete preso caffè insieme. Laura Pedio – provo ad indovinare- è in gamba e non so quanto sia utile votare a perdere su Ciaravolo», ricevendo la seguente risposta: «Grande Angelo». «L’ipotesi avanzata da Renna, secondo cui nel corso dell’incontro Greco aveva sostenuto la candidatura di Pedio in luogo di quella di Ciaravolo, rimane confinata ad un dialogo tra terzi, privo di riscontri», puntualizza il Csm, stroncando sul nascere i sospetti di favoritismi da parte del procuratore di Milano. Nessuna sorpresa poi in Plenum dove sarà ratificata la di nomina di De Pasquale, Dolci, Fusco, Mannella, Siciliano e, appunto, Pedio. La dottoressa Ciaravolo, per la cronaca, revocò la domanda proprio la mattina della votazione finale.
Greco su questa vicenda è stato sentito il 25 febbraio scorso. «Io non ho mai cercato nessuno. Ho avuto invece la visita di diversi consiglieri qui a Milano, diciamo, per usare un termine gergale, di tutte le correnti, anche perché dopo la mia nomina tutti hanno fatto la corsa a intestarsela o a dimostrare comunque che se anche avevano votato contro l’avevano fatto perché sapevano… queste logiche le conosciamo». Fatta questa premessa, ha aggiunto: «L’unica cosa che forse posso aver detto è ‘vorrei che fossero tutti magistrati del mio ufficio’». Palamara, sentito anch’egli, ha affermato che i nomi degli aggiunti vennero decisi «all’interno del Consiglio, previa riunione della corrente di Unicost e previo poi incontro con i rappresentanti degli altri gruppi». Fine della storia.