Giustizia
“Il Csm non è la terza Camera”, l’inesistente polemica sulla verità di Fabio Pinelli
“Oggi si volta pagina nella vita del Csm. Dimostrando la capacità di reagire con fermezza contro ogni forma di degenerazione. Quel che è emerso, da un’inchiesta in corso, ha disvelato un quadro sconcertante e inaccettabile. Quanto avvenuto ha prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l’autorevolezza non soltanto di questo Consiglio ma anche il prestigio e l’autorevolezza dell’intero ordine giudiziario; la cui credibilità e la cui capacità di riscuotere fiducia sono indispensabili al sistema costituzionale e alla vita della Repubblica. Il coacervo di manovre nascoste di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato, si manifesta in totale contrapposizione con i doveri basilari dell’ordine giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla magistratura“.
Non sono le parole espresse dall’attuale vicepresidente del Csm Fabio Pinelli due giorni fa, ma dal presidente Mattarella nel 2019, in seguito allo scandalo rivelato da Palamara all’epoca della reggenza Ermini. “La Costituzione prescrive che l’assunzione di qualunque carica pubblica, ivi comprese, ovviamente, quelle elettive – disse Mattarella – sia esercitata con disciplina e onore, con autentico disinteresse personale o di gruppo; e nel rispetto della deontologia professionale. Indipendenza e totale autonomia dell’ordine giudiziario sono principi basilari della nostra Costituzione e rappresentano elementi irrinunziabili per la Repubblica”. Ma il capo dello Stato non si fermò alla denuncia. Non sciogliendo il Consiglio si appellò al parlamento affinché varasse, in tempi brevi, la riforma necessaria per il Csm. “Vi è la necessità di modifiche normative, ritenute opportune e necessarie, in conformità alla Costituzione. Questo è il momento di dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti per perseguire autenticamente l’interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile. È indispensabile porre attenzione critica sul ruolo e sull’utilità stessa delle correnti interne alla vita associativa dei magistrati. La documentazione raccolta dalla Procura della Repubblica di Perugia, la cui rilevanza va valutata nelle sedi proprie previste dalla legge, sembra presentare l’immagine di una magistratura china su stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati all’attribuzione di incarichi”, spiegò Mattarella davanti ai componenti del Consiglio Superiore dei Magistrati e del Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura.
Serve il “rispetto rigoroso delle regole della Costituzione”. Che evidentemente fino a quel punto non c’era stata. Non si capisce la polemica dunque scatenata oggi da qualcuno per le parole di Pinelli, che ha osato dire una semplice verità: “Il Consiglio non è una terza Camera”. Come spesso invece in passato è accaduto, con un sistema correntizio adito a sostenere o contrastare, dall’interno dell’organo di autogoverno, le riforme di questo o quel partito. Qualcuno ha costruito anche una polemica, inesistente, con Mattarella. Ma Pinelli è stato chiarissimo. “È evidente che il presidente della Repubblica non ha mai consentito o autorizzato una funzione dell’organo diversa da quella assegnatagli dalla Costituzione”, proprio ricordando la denuncia fatta da Mattarella contro il Csm di Ermini dopo lo scandalo Palamara. Pinelli ha ricordato che il Csm è chiamato a fornire pareri sui disegni di leggi, ma “solo per valutare l’impatto delle riforme sull’organizzazione degli uffici giudiziari”; senza entrare, quindi, nel merito di scelte riservate al Parlamento.
Tanto che lo stesso Pinelli si è astenuto sul documento riguardante il decreto legge Caivano, proprio per presunte “esondazioni dal perimetro delle valutazioni consentite”. “Nella passata consiliatura – ha ricordato Pinelli – c’è stato un deragliamento dalle prerogative istituzionali. Una distanza dal ruolo riconosciuto dalla Costituzione, testimoniata dalle dimissioni di 5 consiglieri, fatto mai avvenuto, che ha reso necessario reimpostare, con l’assenso di tutti i consiglieri, un nuovo modello di lavoro”.
Fatti accaduti e condannati da tutti. Tant’è che non si capisce oggi lo stupore del Pd con Serracchiani che si dice “stupefatta” da tanta “mancanza di sensibilità istituzionale” e l’ex Guardasigilli Andrea Orlando che parla di un nuovo “strappo istituzionale”. Ma all’epoca anche loro erano favorevoli a una riforma per evitare un nuovo scandalo simile. Quanto ai numeri del Csm di Pinelli, dal 23 gennaio 2023 – data di inizio dell’attuale consiliatura – le pendenze complessive sono passate da 8.756 a 6.567: il trend di definizione dell’attuale consiliatura (22.839 pratiche definite in meno di 12 mesi) è positivo. Sul delicato tema dell’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, sono state ridotte del 41% le pendenze passando da 882 a 512. Questo significa aver ridotto in modo significativo i tempi di vacanza. “Quando siamo arrivati arrivavano a quasi 2 anni, oggi sono ridotti a 9 mesi”, ha detto Pinelli. E sul disciplinare a fronte di 86 procedimenti già pendenti e 76 procedimenti sopravvenuti, la sezione ne ha già definiti 97. Sono 12 in tutto le condanne inflitte (6 censure, 3 perdita di anzianità, 2 sospensioni da funzioni e stipendio e una rimozione).
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