Il decreto anti-ong
“Il decreto sicurezza punisce i giovani che si divertono e le Ong che salvano i migranti”, Silvia Stilli contro il pasticcio di governo
“Quel decreto spazzanaufraghi, e anti Ong, è in contrasto con il diritto internazionale”. Ad affermarlo è Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi), che rappresenta più di 500 organizzazioni, interne e internazionali. “Da un lato – dice Stilli – si vuole limitare l’operato delle Ong nel soccorso perché considerate “pull factor” (incentivo) per l’immigrazione irregolare e il traffico di vite umane; dall’altro si intende dare loro al momento del salvataggio, impropriamente, responsabilità rilevanti sul tema dell’asilo. Una contraddizione evidente”. “Il decreto dovrà essere convertito in legge: da adesso la responsabilità si sposta al Parlamento – rimarca la portavoce dell’Aoi -. Chiederemo a deputate e deputati, senatrici e senatori di fare i conti con la propria coscienza personale e coerenza politica”.
Da cosa nasce l’appello che come Aoi lanciate a tutti i parlamentari?
Nasce dal fatto che noi già c’eravamo espressi in relazione alle veline che passavano su come sarebbe stato impostato questo codice di condotta, lanciando anche un messaggio al Presidente della Repubblica sul non firmarlo o comunque prendere tempo e verificare come e cosa firmare. Rispetto alle veline circolate ci sembra che nel passaggio del Quirinale qualche modifica sia avvenuta. Peraltro in questo codice di condotta ci sono anche forti elementi di contraddizione…
Vale a dire?
Bisognerà vedere quando diventerà da decreto legislativo a legge che evoluzione avranno. Per questo è importante il ruolo del Parlamento. Adesso il tutto, da quanto abbiamo letto, passa subito in due commissioni: Trasporti e Affari costituzionali. Il nostro appello partirà non solo via etere, attraverso comunicati stampa, ma anche con una lettera che stiamo inviando ai capigruppo dei partiti e chi sta nelle due commissioni, tutti, maggioranza e opposizione, nella quale chiediamo audizione. Innanzitutto spieghiamo che quello che viene ribadito come incipit del codice è quel che noi già facciamo, quello che fanno le Ong che stanno in mare, e cioè attenersi alle leggi e ai regolamenti. La seconda cosa è che in quel decreto ci sono evidenti contraddizioni collegate al non rispetto del Diritto internazionale. La questione del divieto dei salvataggi multipli vietati è la prima. Poi c’è il passaggio che riguarda il fatto che l’equipaggio delle navi dovrebbe anche occuparsi di cose relative alla richiesta di asilo, scritto molto genericamente nel decreto governativo. Ma non può essere così: è cosa che deve essere fatta dalle organizzazioni che sono deputate a farlo, quelle istituzionali, l’Unhcr, l’Oim, le organizzazioni della società civile che si occupano di questo. E poi va detto che le sanzioni amministrative, al posto delle sanzioni penali, comportano un ingorgo del sistema, perché è evidente che ci saranno ricorsi al Tar. E ci saranno costi, per le istituzioni e per le organizzazioni, che sono onerosi. Intasamento amministrativo e costi onerosi. E tutto questo non è stato valutato nel momento in cui il Consiglio dei ministri ha discusso e approvato il decreto messo a punto dal ministro dell’Interno Piantedosi. Sono elementi che il Parlamento deve tenere a mente, su cui deve lavorare nel momento in cui trasforma in legge un decreto, a firma presidenziale, presentato e proposto dal Governo. Perché poi se la legge viene impugnata, si blocca tutto il meccanismo. Infine c’è un dato che la dice tutta sulla logica strumentale e securitaria che ha mosso il Governo…
A cosa si riferisce?
Stiamo parlando del 10 per cento dei migranti che vengono salvati dalle navi delle Ong, e grazie a Dio almeno quel 10% viene salvato dalla morte in mare o dai respingimenti forzati verso i lager libici. Da quando era ministro Minniti in poi, dal 2018 ad oggi, è stato dimostrato che nessun codice di condotta ha bloccato non soltanto le navi ma soprattutto le migrazioni. Tutto questo si collega al fatto che nella legge di bilancio del governo Meloni non viene mantenuto l’impegno approvato l’anno passato di un graduale aumento di fondi per i paesi poveri, per arrivare al famoso 0,70% del Reddito nazionale lordo entro il 2030. Un impegno, questo, richiesto peraltro dalla comunità internazionale per attuare l’Agenda di sviluppo 2030. Non si affrontano le cause delle migrazioni, non c’è una diplomazia che sappia gestire i conflitti, vedi l’Ucraina, vedi la Siria, a livello europeo e internazionale. E cosa si fa? Si colpisce chi raccoglie appena il 10% delle persone. Come non bastasse ecco la presidente del Consiglio che su Instagram insiste ancora sul “pull factor” che nemmeno Frontex alla fine ha più ribadito nell’ultima versione, togliendola di mezzo questa questione delle Ong. Gli elementi ci sono tutti per senatrici e senatori, e prima per deputate e deputati, per affrontare il tema. Mi lasci aggiungere che una delle cose più gravi, presenti nel decreto, riguarda la norma che vieta il soccorso plurimo – alla quale ho già accennato – perché la nave dei soccorritori, dopo un salvataggio, è tenuta a procedere senza indugio ed a raggiungere il porto assegnato, evitando ulteriori distrazioni. Quindi, non si possono salvare altre persone nel tragitto. Come dire ad un’autoambulanza che deve raccogliere solo i feriti del primo turno e poi fermarsi per un po’ in garage, anche se vi sono emergenze gravi. Si vede morire in acqua senza poter fare nulla. Lo ripeto, questo è in totale spregio ai Codici del mare e ad ogni Convenzione per i Diritti Umani. La scelta selettiva alla base dell’aiuto, roba da folli.
Altro tema, drammatico, è quello dei respingimenti.
I respingimenti dei migranti nel Mediterraneo avvengono con il concorso della Guardia Costiera libica, che li consegna alle forze dell’ordine di un Paese ancora di fatto in guerra civile: milizie non rispondenti ad un unico comando, che chiudono i migranti nei campi di detenzione dove si muore di torture e malattie. Alla Libia il nostro Paese fornisce autovedette e imbarcazioni e sistemi di controllo del transito delle acque territoriali. E questo nonostante la Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo abbia già condannato l’Italia nel 2012, in nome della violazione dell’art. 3 della Convenzione, per i respingimenti verso la Libia (24 persone, caso Hirsi del 2009).
Dalla reiterazione dello sciagurato Memorandum d’intesa Italia-Libia al decreto sulle e contro le Ong. Qual è il tratto, la visione che tiene assieme questi tasselli?
Una visione securitaria ristretta ad un aspetto che ancora oggi è quello dei migranti. Si è scelto in un decreto sicurezza che doveva essere onnicomprensivo, di dare priorità a questo rispetto alla violenza domestica, alla violenza sulle donne. Solo misure contro i migranti e i rave. Vanno insieme. Il tema sono i giovani che si mobilitano e si divertono, visti come un pericolo pubblico essenziale e determinante, e dall’altra i migranti. Ogni volta che si parla di sicurezza, ecco arrivare la mannaia sulle Ong che soccorrono i migranti. Un Paese che ha una disgregazione sociale evidente, che si manifesta ogni giorno, affronta il tema della sicurezza non con un investimento per superare le problematiche sociali e affrontare le cause strutturali delle migrazioni, ma si occupa dei migranti che arrivano e dei giovani che fanno le feste rave. E una visione punitiva, non certo propositiva.
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