L'analisi
Il decreto trionfalistico per gli anziani che nasconde brutte sorprese: la propaganda del governo sulla pelle di fragili e malati
Qualche giorno fa il Consiglio dei Ministri ha approvato in esame preliminare un decreto legislativo che prevede una serie di «Disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane», in attuazione della Legge Delega per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, votata a larga maggioranza dal Parlamento nel marzo del 2023. Si tratta di una serie di misure finalizzate alla tutela della dignità e alla promozione delle condizioni di vita, di cura e di assistenza delle persone anziane, attraverso “la ricognizione, il riordino, la semplificazione, l’integrazione e il coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle disposizioni legislative vigenti in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria alla popolazione anziana”. I contenuti di questo decreto sono stati annunciati in modo abbastanza generico ed imprecisato, non se ne conoscono al momento i dettagli precisi o le sfumature, che saranno definite anche dai prossimi interventi delle Commissioni interessate. Fra tutti i provvedimenti previsti, però, uno ed uno solo, è stato annunciato con grande enfasi: la cosiddetta Prestazione universale per gli anziani.
Il decreto per gli anziani e i paletti (enormi) per accedervi
La stampa, la tv, i social network – oltre ovviamente al Governo ed ai parlamentari di maggioranza – si sono affrettati a spiegarci che si tratta di un assegno integrativo di mille euro della pensione di accompagnamento erogata a persone non autosufficienti. Decisamente minor enfasi – per non dire un quasi totale silenzio – è stato invece riservato all’enunciazione delle condizioni necessarie per ottenere tale integrazione: minimo di 80 anni, percezione dell’assegno di accompagnamento, reddito ISEE inferiore a 6.000 euro annui, un livello di bisogno assistenziale gravissimo che sarà definito dall’INPS. Per quanto i dettagli dell’operazione non siano al momento chiari, come ho già precisato, ho cercato con le informazioni disponibili di approfondire il tema e come purtroppo temevo, ho trovato davvero delle brutte sorprese, che certamente rendono totalmente fuori luogo il tono trionfalistico con cui il provvedimento è stato annunciato. Cominciamo con il dire che l’assegno non è di 1.000 euro ma circa di 850. Si passerà cioè dagli attuali 531,76 euro di assegno di accompagnamento ai 1.380 euro. Va bene, è vero, ma anche 850 euro sono una cifra importante per chi è in situazione di grande bisogno, potrà dire qualcuno. Sono d’accordo, ma forse una maggiore precisione e onestà informativa sarebbe stata più corretta ed opportuna.
L’integrazione dovrà essere utilizzata per pagare badanti o assistenti (ovviamente con regolare contratto, perché qui, a differenza di altri settori, il Governo mostra i muscoli e fa la voce grossa contro l’evasione fiscale) o per avere servizi erogati da “società qualificate” nel settore dell’assistenza sociale non residenziale, con il dettaglio finale assolutamente beffardo ed anche un po’ cinico che la quota di integrazione non utilizzata dovrà essere restituita. Vorrei proprio capire come persone malate gravemente e con reddito annuo inferiore a 6.000 euro possano fare a spendere 850 euro al mese per la loro assistenza. E poi sulla base di quali parametri l’INPS definirà “gravissimo” il bisogno assistenziale di un anziano? Sarà necessario essere ad un passo dai titoli di coda? E tutti gli altri, che quotidianamente devono affrontare spese ingenti per badanti, infermieri, fisioterapisti, farmaci, pannoloni e quant’altro? In secondo luogo, il provvedimento sarà vigente a partire dal 1 gennaio 2025 e fino al 31 dicembre 2026, per cui i potenziali percettori, che già pensavano di avere a portata di mano qualche risorsa in più per pagare l’assistenza o la badante, dovranno avere molta pazienza e aspettare, anche se il termine “aspettare” mal si addice e proprio non va d’accordo con gli ultraottantenni.
Prestazione universale per gli anziani: fondi ridotti nel giro di un anno
In terzo luogo gli stanziamenti: 300 milioni per il 2025, 200 milioni per il 2026. Già trovo assurdo ma permettetemi, anche grottesco, il fatto che lo stanziamento per un simile provvedimento non venga incrementato, anzi addirittura diminuisca, nel solo spazio di un anno, quasi che il governo si aspetti una naturale riduzione della platea dei beneficiari, e non l’ormai consolidato aumento della popolazione anziana, ma al di là di questo, provate a fare un conto di quanti potrebbero numericamente essere quelli che avranno il beneficio. Nel 2025, 300 milioni serviranno per sostenere neanche 30.000 anziani, che nel 2026 scenderanno a neppure 20.000, anche se il Tg1, sempre più Istituto Luce, sempre meno servizio pubblico, ha annunciato entusiasticamente nell’edizione serale di qualche giorno fa “1.000 euro in più per 14 milioni di pensionati”. Una disinformazione simile da una rete pubblica è onestamente inaccettabile.
Tanto per dare un’idea, i percettori di assegno di accompagnamento sono ad oggi circa un milione e mezzo, di cui oltre un milione ultra ottantenni; fra questi, se andrà bene, solo il 2/3 per cento riuscirà ad ottenere l’integrazione. Da ultimo, le condizioni di età e reddituali per accedere alla “lotteria” degli 850 euro: 80 anni, quasi che la disabilità prima degli ottant’anni non conti, e 6.000 euro di reddito ISEE, un reddito che chi percepisce l’assegno sociale supera, senza dimenticare che in caso di eccesso di domande lo stanziamento previsto non potrà aumentare e sarà quindi necessario diminuire l’importo dell’assegno. Quindi, per concludere, un provvedimento annunciato in pompa magna, con grande enfasi perché “con il Governo Meloni nessuno sarà lasciato indietro”, come si legge nel sito di Fratelli d’Italia ma che alla fine si riduce a niente più di una bolla di sapone. E sulla pelle degli anziani fragili e malati, cosa che ai miei occhi rende questo provvedimento, che non è altro che l’ennesima boutade propagandistica preelettorale, un’operazione un po’ disgustosa che comunque non mi sorprende, visto che arriva da una maggioranza che, dopo pensioni minime a 1.000 euro e dentiere gratis per tutti, proponeva solo poco tempo fa “mille euro ad ogni famiglia con un click”.
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