Dall’apoteosi alla debàcle
Il disastro dei 5 Stelle in Campania, in 4 anni bruciati i voti di protesta: a settembre il bagno di sangue

“Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”, affermavano i protagonisti del film “The Butterfly Effect” nel 2004. La citazione è ispirata a un principio fisico della teoria del caos, l”Effetto farfalla” appunto. Il caos è rappresentato dall’attuale contesto politico. Il battito d’ali dei partiti ha provocato la crisi di governo. L’uragano arriverà presto e non dall’altra parte del mondo ma in Italia: esso potrebbe travolgere il “sistema” quando si voterà alle prossime elezioni. La caduta dell’esecutivo guidato da Mario Draghi ha già avuto delle conseguenze immediate sullo scenario partitocratico. Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle bisogna riconoscerne l’interessante parabola.
Un partito le cui fondamenta sono state basate esclusivamente sul voto di protesta. La cui identità è stata radicata nel giustizialismo, nell’economia di stato e nel populismo. Un fenomeno nato, cresciuto e che pare ormai finito, nel giro di soli 10 anni. Tempi record per chi appena quattro anni fa ha raggiunto la soglia del 33% in Parlamento e incassato oltre dieci milioni di voti. A settembre il M5S rischia di raggiungere a stento il 10% dei consensi, vedendo così dilapidare il “tesoretto” di fiducia conquistato alle ultime politiche. Come è stato possibile? Ricostruendo la storia recente dei grillini è doveroso individuarne alcune tappe fondamentali: il governo costruito con la Lega, il Conte-bis con il PD, l’arrivo di Mario Draghi e la “scissione” di Luigi Di Maio (che ha “scippato” 60 parlamentari al M5S). Senza considerare che negli ultimi quattro anni, secondo You Trend, il movimento ha perso il 54% dei deputati e il 45% dei senatori.
Parlamentari trasmigrati nei gruppi delle altre forze politiche. Vicende che hanno dimostrato l’incapacità da parte dei grillini di governare e di restare fedeli ai propri principi. Evidentemente i palazzi del potere, le auto blu, i costi da sostenere per fare politica e i vari privilegi, apprezzati da chi sbandierava il motto “uno vale uno”, hanno fatto cambiare idea alla maggior parte di essi. E veniamo a Napoli e alla Campania. Analizzando alcuni dati (presi dal Ministero degli Interni), è possibile tracciare il seguente profilo del M5S, cercando di prevederne il futuro. Alle elezioni del 2018, alla Camera, i grillini hanno preso in Campania 828mila voti, 130mila al Senato. Ad averli votati sono stati per lo più persone dai 18 ai 44 anni, di cui il 50% disoccupati. È possibile che per l’elettorato, oltre alla “pancia” e alla rabbia, abbia avuto importanza la promessa, poi mantenuta, di approvare la legge relativa al reddito di cittadinanza. Alle europee del 2019, il M5S ha preso 4 milioni di voti e portato a casa 14 seggi.
Un milione di voti e 3 seggi in meno rispetto alle elezioni del 2014. Questo nonostante i voti presi a Napoli e in Campania siano aumentati. Regionali 2020, i grillini sono stati scelti da 255mila elettori (144mila a Napoli), ottenendo il 10% dei consensi e conquistando 6 seggi in Consiglio (diventati 3 dopo la scissione dei “dimaioisti”). Rispetto al 2015 e a un Vincenzo De Luca al massimo della popolarità, il M5S ha perso 200mila voti, di cui 100mila a Napoli. E veniamo alle ultime elezioni comunali, stravinte da Gaetano Manfredi. Proprio la coalizione guidata dal nuovo primo cittadino ha salvato il M5S: i grillini hanno mantenuto più o meno il trend del 2016 anche se hanno perso circa 7mila voti. Ma grazie all’alleanza “manfrediana” hanno ottenuto 6 seggi, 5 in più della precedente competizione elettorale. Ma anche all’interno del Consiglio comunale la scissione di Di Maio ha avuto conseguenze: 3 consiglieri hanno abbandonato il M5S, dimezzandone il peso politico. I numeri non mentono mai e questo quadro analitico ha evidenziato la caduta libera dei grillini. Probabilmente il M5S parteciperà in solitudine alle prossime elezioni. Non ci è voluta una sfera di cristallo per comprendere che a settembre, all’interno della casa “grillostellata”, potrebbe esserci – in termini elettorali – un bagno di sangue.
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