«Dopo quello che era successo, appena 56 giorni prima, sull’asfalto dell’autostrada all’altezza di Capaci, la strage di via D’Amelio doveva essere evitata». Tradotto: lo Stato avrebbe dovuto assumere misure di protezione all’avanguardia per salvare la vita del giudice Paolo Borsellino e degli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Il giudice Alfonso Sabella, ex sostituto procuratore a Palermo nel 1993, specializzato nella cattura dei latitanti – insieme alle forze dell’ordine ha acchiappato Leoluca Bagarella, Giovanni ed Enzo Brusca, Pietro Aglieri, Nino Mangano, Vito Vitale, Mico Farinella, Cosimo Lo Nigro, Carlo Greco e decine di altri fra capimandamento, killer stragisti e potenti uomini d’onore – è stato tra i primi magistrati in Italia a utilizzare dispositivi in grado d’inibire le radiofrequenze specialmente per i telefoni cellulari. «Ma che stranamente – aggiunge – pur esistendo da tempo, non furono installati nell’auto di Paolo Borsellino». Nei giorni scorsi Il Riformista ha intervistato l’esperto elettrotecnico Francesco Macrì, il quale ricordando un suo vecchio incontro con l’allora sostituto procuratore Alfonso Sabella, ha rivelato che «le stragi di Capaci e via D’Amelio potevano essere evitate, ma le istituzioni hanno fatto finta di niente». Una tesi supportata da precisi elementi tecnici, frutto di anni di studio, e messa nero su bianco nel libro edito da Alpes Quando il boss non telefona più, scritto dalla giornalista Valentina Roselli.

Dottore Sabella, lei ricorda quell’incontro?
Ricordo grossomodo l’incontro che dovrebbe essere avvenuto nel 1997. In quelperiodo avevo contatti con esperti per trovare e testare soluzioni, in campo tecnologico, utili a contrastare Cosa Nostra. Ad esempio, proprio in quegli anni, ero a stretto contatto con l’esercito perché eravamo riusciti a sapere che Cosa Nostra aveva a disposizione dei missili. Ma non eravamo riusciti a rintracciarli, a capire quale tipo di missili potesse avere. Infatti gli elicotteri, per precauzione, facevano spostamenti laterali. Quindi dovevamo trovare soluzioni tecnologiche sofisticate. Questo per dirle che erano anni in cui mi occupavo di queste cose e incontravo tanti esperti.

Tra queste soluzioni sofisticate, ad esempio, c’era il Jammer. Un dispositivo che inibisce le radiofrequenze dei cellulari e delle bombe.
Esattamente. Questo tipo di strumentazione esisteva già da tempo.

E come mai non venne usata per evitare le stragi del ‘92?
Dato che fui tra i primi a sfruttarla, ricordo che rimasi sorpreso del fatto che sull’auto di Paolo Borsellino i dispositivi non fossero stati montati. Lo stesso si potrebbe dire per la strage di Capaci, ma a maggior ragione, dopo la bomba che ha fatto saltare in aria Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, per Borsellino e i suoi agenti doveva andare diversamente.
Cioè?
Anche se questa strumentazione era in fase sperimentale, si sarebbero dovute impiegare questa misure di protezione al tempo all’avanguardia.

Telefoni e 41 bis. Lei fu tra i primi magistrati ad occuparsene. La procura generale di Palermo sta indagando, già da tempo, sulla presunta disponibilità da parte di Totò Riina di un telefono cellulare nel 1993, quando il boss era detenuto a Rebibbia. Che ne pensa?
Non me ne stupirei. Io testai gli inibitori di frequenza al dipartimento amministrazione penitenziaria nel 1999 per far smettere di funzionare i cellulari in regime di 41 bis. Al carcere di Ragusa, ad esempio, avevo sequestrato nel 1998 un cellulare in mano al boss catanese Santo Mazzei che ordinava omicidi con delle semplici chiamate. Il problema è ancora molto attuale, i cellulari entrano nelle carceri”.

Come si risolve il problema?
È chiaro che non possono essere nascosti nelle scarpe, quindi arrivano al detenuto in 41-bis con la complicità di qualcuno all’interno del carcere. Certo, questi inibitori sarebbero importanti ma non possono essere utilizzati ad ampio spettro perché poi interferirebbero con gli altri strumenti di sicurezza del carcere. Vanno utilizzati con parsimonia. Anche se oggi la tecnologia fa passi da gigante e ci permetterà di avere dispositivi migliori.