Dovrà continuare a percepire l’assegno di mantenimento nonostante l’infedeltà. Anzi la cifra che le verrà riconosciuta sarà ritoccata al rialzo perché deve essere adeguato al costo della vita della città dove si trasferita nel 2019, ovvero Londra.  E’ quanto stabilito dalla Cassazione in merito alla vicenda dell’imprenditore Ferruccio Ferragamo, 76 anni, che nonostante i tradimenti dell’ex moglie Ilaria Giusti (più giovane di lui di 20 anni) dovrà continuare ad elargirle l’assegno, pari a 60mila euro al mese.

Della decisione degli Ermellini ne scrive oggi il Messaggero. Ferragamo è presidente dell’omonima casa di moda che ha un patrimonio stimato in circa 4 miliardi di euro. L’assegno da 60 mila euro dovrà essere aggiornato perché l’ex moglie dopo la separazione si è trasferita nel Regno Unito con l’unico figlio, oggi maggiorenne, e la cifra, secondo quanto stabilito dalla Cassazione, dovrà essere adeguata al costo della vita di Londra.

Si tratta dell’ennesimo capitolo di una vicenda iniziata nel 2019 di un coppia sposata in Italia nel marzo 2004. L’ex moglie voleva che la causa di divorzio venisse decisa in un tribunale britannico, mentre Ferragamo ha ottenuto che il giudice competente fosse quello di Firenze.

Nella decisione della Cassazione c’è anche un punto a favore dell’imprenditore toscano. “La prima sezione civile della Suprema Corte, nell’ordinanza depositata ieri – scrive il quotidiano romano -, ha aperto la strada alla possibilità che l’addebito del divorzio (ossia la colpa della rottura del matrimonio) gravi sulla consorte, spiegando che all’iniziale tolleranza dell’imprenditore verso l’infedeltà della moglie si sono sommate ulteriori storie dell’ex prodotte in giudizio”.

Ferragamo, infatti “aveva chiesto di essere ammesso a provare che la predetta relazione era stata seguita da altre, in tal modo lasciando chiaramente intendere che la tolleranza da lui inizialmente manifestata era venuta meno, a causa della reiterata violazione del dovere di fedeltà che aveva determinato il fallimento dell’unione”. Adesso la parola passa ora ai giudici della Corte d’Appello di Firenze.

 

Redazione

Autore