Camaleontica, cinica, ipocrita. A seconda di quanto la si possa apprezzare, sono tutti aggettivi possibili per descrivere Giorgia Meloni e il suo lavoro nelle ultime settimane. La premier italiana ha indossato un doppio volto. In primis quello gentile, più allineato, per cercare di entrare nelle discussioni per i ruoli apicali della prossima legislatura in Europa. Visto che però oltre confine è stata tagliata fuori dagli altri leader, Meloni ha dimostrato forse la sua vera faccia, quella che sicuramente le riesce meglio, e dall’aula della Camera dei deputati durante le sue comunicazioni in vista del Consiglio Europeo ha attaccato ferocemente l’Ue.

La burocrazia in Ue

Nel suo intervento, Meloni ha puntato il dito contro la burocrazia in Ue, parlando di una ricetta che possa snellire i processi nel Continente: bisogna “privilegiare al gigante burocratico che moltiplica regole insostenibili, e a volte incompatibili con la crescita della sua competitività, un gigante politico forte della sua civiltà millenaria, consapevole della sue ineguagliabili eccellenze in molti campi, e che aiuta i propri sistemi produttivi a competere a testa alta sullo scenario globale“. E per questo la nuova presidenza della Commissione “dovrebbe pensare a una delega specifica alla sburocratizzazione per dare un segnale”. In pratica, secondo la presidente del Consiglio, “applicare anche in Europa il principio che applichiamo in Italia: non disturbare chi vuole fare, significa essere più attrattivi degli altri, disboscare la selva burocratica e amministrativa che finisce per essere un percorso a ostacoli che penalizza le imprese”.

L’ira di Meloni: campagna elettorale, logica da caminetti

Poi spazio alla freccia migliore nella faretra della premier italiana. Meloni la scaglia contro chi, evidentemente, ha tenuto fuori dai giochi il suo gruppo dei Conservatori dalle trattative. “Non mi stupisce che sia emerso prima durante e dopo la campagna elettorale” un certo approccio ma “nessun autentico democratico che creda nella sovranità popolare può in cuor suo ritenere accettabile che in Europa si tentasse di trattare sugli incarichi di vertice ancora prima che si andasse alle urne”.

Sempre alla Camera, la leader italiana si è appellata al grande cavallo di battaglia, cioè la volontà popolare: “C’è chi sostiene che i cittadini non siano abbastanza maturi per prendere certe decisioni e che l’oligarchia sia in fondo l’unica forma accettabile di democrazia. Ma io non sono d’accordo. Ho combattuto questo principio surreale in Italia e intendo combatterlo in Ue. Noi siamo convinti che il popolo abbia sempre ragione, e che sia dovere di chi ricopre un incarico di responsabilità seguire le indicazioni dei cittadini. Non conosco alternative alla democrazia”. “Mi batterò – ha aggiunto – contrò chi vorrebbe sublimare, in questo caso al livello europeo, una visione oligarchica e tecnocratica della politica e della società. Non mi stupisce che qualcun altro lo faccia perché appartiene alle sue basi culturali e perché è una lettura che consente di mantenere un potere da posizioni di debolezza. Non mi stupisce che questo approccio sia emerso, prima, dopo e durante l’appuntamento elettorale”.

Poi di nuovo contro chi l’ha esclusa dal gran ballo dei top jobs europei: “Alcuni hanno sostenuto che non si debba parlare con alcune forze politiche. Le istituzioni Ue sono state pensate in una logica neutrale. Gli incarichi apicali sono stati affidati tenendo in considerazione i gruppi maggiori, indipendentemente da logiche di maggioranza e opposizione. Oggi si scegli di aprire uno scenario nuovo e la logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti, dove una parte decide per tutti. Una ‘conventio ad excludendum‘ che a nome del governo italiano ho contestato e non intento condividere”.

Il consenso di Meloni in Italia e la bocciatura dei leader degli altri Paesi

In Aula, Meloni ha voluto rimarcare poi la differenza con gli altri leader europei, tutti di fatto bocciati dalle urne di inizio giugno, mentre lei ha mantenuto un consenso nazionale forte: “Il livello di attenzione e di gradimento tra i cittadini europei per le istituzioni comunitarie è sempre più basso. Il gradimento è oggi intorno al 45%, un dato sensibilmente più basso di quello che si registrava qualche decennio fa, mentre la disaffezione si è plasticamente materializzata anche con un astensionismo in costante crescita. Lo abbiamo visto in Italia, dove è andato a votare il 48,3% degli aventi diritto, con una diminuzione di oltre 6 punti rispetto alle europee di cinque anni fa, del 2019, il dato più basso di sempre e con una partecipazione che per la prima volta scivola sotto il 50%. Ma è un fenomeno che ha attraversato molte Nazioni in tutto il Continente, e che non può lasciarci indifferenti”.

“Se c’è un dato indiscutibile che arriva dalle urne è la bocciatura delle politiche portate avanti dalla forze politiche al governo in molti della grandi nazioni europee, che sono anche in molti casi le forze che hanno impresso le politiche europee degli ultimi anni”. Meloni ha voluto sottolineare direttamente le percentuali dei partiti di governo in giro per l’Europa: “16% in Francia, 32% in Germania, in Spagna il 34%”. “Solo in Italia il 53% degli eletti è espressione delle forze di governo“, ha aggiunto. E per questo “non intendo sostenere una tesi diversa da quella nella quale credo semplicemente per chiedere in cambio un ruolo che all’Italia spetta di diritto”. “Non mi addentrerò nel merito delle tante interlocuzioni, abbiamo chiesto un cambio di passo politico prima di tutto in linea con il messaggio dato dalle urne e poi ovviamente intendiamo batterci per l’Italia” ha proseguito.

Meloni e i migranti

In merito ai flussi migratori, Meloni ha parlato degli obiettivi della “difesa dei confini esterni” e del contrasto al “business dei trafficanti di esseri umani” che sono” schiavisti del terzo millennio. Io credo che l’Ue, culla della civiltà occidentale, non possa più tollerare che un crimine come la schiavitù sia tollerato in altre forme”. Poi l’aggiunta: “In Italia e in Ue si entra solo legalmente. Degli ingressi si occupano le istituzioni e non gli scafisti. Non consentiremo alle mafie di gestire gli ingressi in Italia, come fanno da diverso tempo. Mi stupisce che nessuno prima di noi se ne sia accorto”.

La premier italiana si è intestata la ‘vittoria’ di aver fatto cambiare approccio alle istituzioni europee, se prima si parlava solo di “redistribuzione“, “ora il paradigma è cambiato ma è fondamentale che questo approccio sia consolidato e diventi strutturale: la stessa lettera che la presidente della Commissione von der Leyen ha ieri indirizzato ai capi di Stato e di governo va in questa direzione, stabilendo che questo approccio debba rimanere al centro anche delle priorità anche del prossimo ciclo istituzionale”.

Meloni e il ricordo di Satnam Singh

Durante il suo intervento, Giorgia Meloni ha ricordato la morte di Satnam Singh, il bracciante morto dopo essere stato abbandonato in strada senza un braccio. La premier ha parlato di “morte orribile e disumana”, ha invitato i membri del suo governo ad alzarsi in piedi e ad applaudire, per poi sottolineare come il decesso del 31enne indiano sia stata causata da un “atteggiamento schifoso del suo datore di lavoro. Questa è l’Italia peggiore che lucra sulla disperazione”.

“La vergogna del caporalato è lungi dall’essere sconfitta, nonostante gli sforzi compiuti da governi di diverso colore. Non intendiamo smettere di combatterla, questo Governo lo ricordo tra i suoi primi atti ha approvato il decreto sulla condizionalità sociale che introduce sanzioni relative agli aiuti comunitari per le imprese che non rispettano le regole sul lavoro, sulla sicurezza, sulla salvaguardia della salute dei lavoratori, cosi come ricordo che è stato questo governo a reintrodurre il reato penale di somministrazione illecita di manodopera, che nel 2016 era stato depenalizzato dall’allora Governo Renzi, e che dalle nostre risultanze ispettive risultava emergere come la fattispecie di reato cresciuta di più” ha poi aggiunto Meloni.

La Nato, la difesa europea e l’Ucraina

Poi Meloni dedica un passaggio alla politica estera e di difesa. Per la premier bisogna “dotarsi di una politica” europea “di sicurezza e difesa” e serve una “politica industriale comune nel campo della difesa”. “Dobbiamo ricordarci che libertà e sicurezza hanno un costo“, “dobbiamo essere capaci di esercitare la deterrenza” e “costruire un solido pilastro europeo della Nato affianco a quello statunitense. L’Italia si farà interprete” di questa visione “al vertice Nato”.

Secondo Meloni “spendere in difesa significa investire in autonomia e in capacità di difendere i propri interessi nazionali. Per farlo è necessario affrontare il nodo delle risorse necessarie per fare il tanto decantato salto di qualità. Speriamo che la Bei possa aumentare i finanziamenti in tema di difesa. È necessario proporre un dibattito per aprire a obbligazioni europee per temi di questo genere”. Poi il messaggio sulla guerra scatenata dalla Russia: “Difendere l’Ucraina è nell’interesse dell’Europa. Se l’Ucraina fosse stata costretta ad arrendersi non ci sarebbero state le condizioni per un negoziato. Pace non significa mai resa”. “Ogni nostro sforzo è concentrato per consentire all’Ucraina di guardare a un futuro di pace. Deve essere chiaro chi pagherà per la ricostruzione dell’Ucraina” ha aggiunto Meloni.

Redazione

Autore