La tentazione di Palazzo Chigi è di descriverlo come una reincarnazione del protagonista di “Oltre il giardino”, il mitico Chance il giardiniere, voce dal sen fuggita. Non il ministro dell’Economia, ma un Peter Sellers qualsiasi che si presenta sul media più ascoltato dai mercanti, Bloomberg, a Borse ancora aperte, per predicare la sua generica ricetta sui sacrifici a carico di tutti.
Sacrifici Giorgetti, maggioranza si smarca
Solo congetture, ipotesi di studio quelle del ministro Giancarlo Giorgetti, spiega 24 ore dopo Giorgia Meloni ancora furente. Che sottolinea anche di non essere stata informata delle valutazioni dal titolare del Mef. Quanto accaduto lascia uno strascico polemico importante nelle valutazioni di maggioranza e di minoranza, oltre alla freddezza esibita di Matteo Salvini, un classico contro il suo ministro. “Nessuna nuova tassa, siamo contrarissimi a imporre nuove tasse. Ci sono state alcune cattive interpretazioni di alcune parole” che ha detto il ministro dell’Economia, ma “finché saremo noi al governo non ci saranno nuove tasse per gli italiani”, mette le cose in chiaro il segretario di Forza Italia Antonio Tajani. Un “niet” che viene anche dal governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, compagno di partito del ministro, che spiega: “Non credo ci sarà un aumento di pressione fiscale per le imprese. Ho avuto incontri con rappresentanti del governo e penso che il ministro con le parole di ieri si riferisse a possibili detrazioni o riduzioni di imposte di cui si è parlato molto e che, mi sembra aver interpretato, oggi non ci possiamo permettere”.
Più articolata la posizione del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ieri ha incontrato il ministro di via XX settembre durante l’assemblea dell’associazione di Bari e Bat: “Noi abbiamo detto che siamo disposti a ripensare parte della tax expenditures. Oggi ci sono 120 miliardi e noi abbiamo la necessità di trovare 10 miliardi, per rendere strutturali gli investimenti per le imprese e per fare in modo che non vadano all’estero e rimangano qua”. D’accordo con il ministro in versione Chance il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri: “Quella di Giorgetti è stata una dichiarazione di buon senso: è evidente che occorra recuperare risorse e che bisogna andarle a prendere lì dove ci sono. Le aziende che hanno raggiunto grandi profitti sono sotto gli occhi di tutti; lavoratori e pensionati, invece, hanno già dato”.
Giorgetti, contro anche l’opposizione
Il Pd, non sapendo bene chi mettere nell’obiettivo, decide di scaricare il ministro: “Giorgetti ha una concezione tutta sua della progressività fiscale: a corrente alternata, a seconda della convenienza del momento. In due anni di governo, ha avallato senza battere ciglio una riforma tributaria iniqua, regimi fiscali di favore e condoni di ogni tipo, fino alla sanatoria prevista nel concordato preventivo biennale. Ora che è disperatamente a caccia di coperture per la prossima Legge di Bilancio – scrive sui social il senatore Antonio Misani – ha deciso di rispolverare l’articolo 53 della Costituzione. È la fiera dell’ipocrisia”. Il contrario di ciò che dice Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, che invece “santifica” il ministro: “Con l’annuncio dei ‘sacrifici per tutti’, o meglio le ‘tasse per tutti’ nella prossima Legge di Bilancio, Giorgetti ha spazzato via una volta per tutte anni di chiacchiere del centrodestra sui tagli alle tasse e ridicolizzato Meloni, Salvini e Tajani”.
Il draghiano Giorgetti
Strano destino quello di Giancarlo Giorgetti, il più draghiano (o l’unico) tra i ministri della Lega. Uno abituato a navigare controcorrente e a resistere, da non salviniano, alla corte di via Bellerio, riuscendosi a ritagliare sempre il suo spazio vitale, da “Oltre il giardino” per l’appunto. E dire che un mese fa da Cernobbio anche la premier disse che “non si può escludere nulla a priori per portare a casa la nuova manovra, non escludendo neanche nuove imposte, definite come ipotesi”. D’altra parte il titolare dell’Economia sa che si sta ragionando sul modello Giulio Tremonti 2008, oggi come 16 anni fa l’esigenza è la stessa: trovare soldi per la manovra. Ovvero 10 miliardi. Un retroscena che il ministro svela dopo la “frittata” di Bloomberg: “Penso a uno sforzo alle imprese più grandi che operano in determinati settori in cui l’utile ha beneficiato in qualche modo di condizioni favorevoli esterne affinché contribuiscano alla Legge di Bilancio”. Quindi non Chance, ma un ministro in cerca di soluzioni per la manovra. Insomma, tutto un altro film.