Vogliono restare in cella perché fuori dal carcere non hanno nessuno ad aspettarli né un posto dove stare. È il dramma della solitudine raccontato all’Ansa dalla Garante dei detenuti di Roma Gabriella Stramaccioni, che ha raccolto personalmente la richiesta di un romano di 75 anni, malato e recluso nella casa circondariale di Rebibbia. «Non fatemi uscire, non so dove andare, fatemi morire in pace qui», è l’appello dell’uomo pronto a rinunciare alla possibilità dei domiciliari. Ma non è un caso isolato. «Solo fra Rebibbia penale e Nuovo Complesso ci sono 60 uomini ultrasettantenni.

Molti di questi rimangono negli istituti penitenziari perché non ci sono strutture esterne dove possano scontare l’ultimo periodo della loro pena e della loro vita», fa sapere la Garante. L’allarme riguarda soprattutto i malati: «Si tratta di persone sole che non hanno più legami familiari, molte provenienti dalla strada. Vista l’età e la malattia, potrebbero accedere alle misure alternative, il problema è che non ci sono posti. E il carcere, che rimane l’unica accoglienza possibile, si trasforma inevitabilmente un deposito».

Diversi di loro finiscono nel reparto infermeria: «Può capitare, come sta accadendo in questi giorni, che in questi reparti sia rotto il riscaldamento e le persone, malate ed anziane, vivano in condizioni disperate». All’origine del dramma «c’è anche la carenza di posti nelle Rsa, le residenze sanitarie assistite che potrebbero accoglierli – denuncia la garante – Così, anche con il certificato medico di incompatibilità con il carcere, non escono. Dopo l’ultimo giorno di carcere, quando proprio devono lasciare la struttura, in qualche caso siamo riusciti a trovare loro una collocazione con l’aiuto della Chiesa».

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