La testimonianza
Il dramma di Angelo Caruso, annientato dal 41bis salvo grazie allo studio
Mi chiamo Angelo Caruso, sono ininterrottamente detenuto da quasi vent’anni con l’ergastolo ostativo, il 4 bis. Sono stato per quattro anni al 41 bis e complessivamente sono stato isolato per sei anni, a volte per mesi e mesi senza parlare con nessuno. Il 41 bis spegne i rapporti con le persone che ami, crea una distanza incolmabile. La mia famiglia ha vissuto quegli anni con un profondo struggimento, soprattutto mia figlia che ho lasciata con la prospettiva di restare per sempre senza un padre.
In carcere ho lavorato molto su me stesso e ho trovato un grande aiuto nello studio che ha dato spazio e nuovi orizzonti alla mia mente. Mi sono laureato in sociologia con una tesi che ha per titolo “Le problematiche dell’infanzia”. Vorrei poter riparare al danno che ho prodotto alla società. Scrivo sperando di raggiungere i giovani, gli studenti, con la testimonianza del mio vissuto deviante che mi ha portato al carcere a vita sperando che la mia storia sia da monito e da esempio di un fallimento, quello del crimine, che comporta oltre alla perdita di coscienza, la rinuncia alla vita.
Il male che ho fatto non è scomparso, fa parte del mio essere stato, ancora un tarlo, uno strappo indelebile. Ho inviato il racconto della mia vita ad alcune università, mi sono rivolto a coloro che saranno i tutori della società di domani, cui sarà affidato il compito di debellare il crimine per salvare i ragazzi che si scontrano con la subcultura delle mafie e a volte – per le cattive compagnie, il bisogno di dimostrare a tutti di essere qualcuno, la paura di dire ‘no’ a chi, forte di una malsana autorevolezza, ti induce ad azioni criminose in assenza di esempi solidi e positivi – si perdono.
Purtroppo, anche il carcere difficilmente ti salva da te stesso e anche i pochi che riescono a uscirne con una progettualità sana avranno la vita segnata per sempre. La conoscenza, la partecipazione, il dialogo, la comprensione, l’istruzione, il racconto di esempi di tragedia come la mia, sono strumenti di cambiamento. Dopo tanti anni in carcere e le ferite che ho inferto alla mia famiglia sento che la mia faticosa strada verso la pienezza del recupero è finalmente giunta a destinazione. Il carcere è sofferenza, il tuo corpo patisce continuamente ogni tipo di privazione, la fame, il freddo, il caldo. Ogni momento del vivere è una rinuncia a te stesso, umiliazioni, solitudine, smetti di essere ciò che sei, senti di perdere la tua identità, di essere diventato un numero su cui pesa lo stigma di ciò che hai fatto e il disprezzo della società.
Oggi ho la piena consapevolezza delle ferite prodotte dai miei errori, non solo alle vittime dei miei reati e alle loro famiglie ma anche ai miei cari e, soprattutto, a mia figlia alla quale so di avere fatto molto male. La mia presa di coscienza si è costruita nel tempo insieme alla comprensione sofferta di ciò che sono stato, attraverso la fede e lo studio. Mi rivolgo ai giovani, agli studenti ma anche ai docenti che sappiano infondere nell’educare i ragazzi una piena consapevolezza e un lucido senso di responsabilità presentando loro l’orrore della devianza e le conseguenze drammatiche che essa comporta perché nessun figlio debba più vivere le conseguenze tragiche delle scelte criminali di un genitore.
Mi piace pensare a una società in cui quando qualcuno cade rovinosamente si provi ad aiutarlo a rialzarsi. Chiedo perdono dal profondo dell’anima per il male che ho fatto allo Stato, alla società tutta, alla terra siciliana e al mio paese, Lentini – Carlentini, alle Istituzioni che ho tradito con i miei crimini. Rinnego con tutta la forza che posso il mio passato da appartenente a un sodalizio mafioso e prendo le distanze da ogni forma di agito criminale. L’unico orgoglio che oggi posso esprimere è la certezza di essere uscito per sempre da quella logica deturpante, di aver trovato la bellezza del diritto, dei buoni sentimenti, del rispetto di ogni persona maturando un senso di gratitudine nei confronti delle Istituzioni, dell’Università Bicocca e anche del carcere di Opera che ha reso possibile il mio cambiamento e mi ha permesso di testimoniare all’esterno lo scempio della mia vita sperando almeno in questo di essere risorsa per una società sana e migliore. Grazie di vero cuore.
* Ergastolano detenuto a Opera
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