La revoca
Il fallimento della propaganda del Movimento 5 Stelle, il ponte di Genova resta ai Benetton
A Genova ieri è crollato un altro ponte, stavolta piccolo e invisibile: la già traballante passerella politica di chi cavalcava insieme dramma, rabbia, demagogia, farsa, cinismo e ragion di Stato. Improvvisamente caduta per l’eccessivo peso della realtà, che prima o poi arriva sempre e precipita tutto il resto. Una sola vittima: il populismo di para-governo del Movimento 5 Stelle, costretto dal diritto e da un proprio fallimento a dare incarichi ai tanti odiati “mostri” e a essere ferocemente contestato dalla gente ferita al quale ha invano e frettolosamente promesso in pompa magna una vendetta camuffata da giustizia. Ieri la ministra democratica delle Infrastrutture Paola De Micheli ha annunciato che il nuovo Ponte Morandi sarà gestito -temporaneamente- da Autostrade (Aspi), l’azienda controllata dalla famiglia Benetton e sulla quale pende da quasi due anni la minaccia della revoca delle concessioni autostradali italiane. Il nuovo viadotto genovese, realizzato a tempo di record grazie anche alla nomina a commissario speciale del sindaco di Genova Marco Bucci, sostituisce il vecchio ponte Morandi, crollato improvvisamente il 14 agosto del 2018 in una tragedia che è costata la vita a 43 persone.
L’azienda Autostrade è stata ritenuta responsabile dell’incidente per mancata manutenzione da un pezzo dell’opinione pubblica e dal Movimento 5 Stelle -all’epoca al governo in coabitazione con la Lega- che da quel ferragosto parla dell’Aspi e dei Benetton alla stregua di sabotatori di viadotti e pericolosi nemici dello Stato ai quali “revocare immediatamente” la concessione sulle nostre autostrade e “ridurre i profitti perché è giusto così”. Questo capodanno il ministro degli Esteri Luigi Di Maio inaugurava il 2020 definendosi “non tranquillo” a causa di «quei signori (i Benetton, ndr) che non hanno mantenuto il ponte Morandi e che ora gestiscono 3 mila chilometri», Peccato che appena ieri la ministra De Micheli abbia dichiarato che il neonato viadotto, fondamentale per liberare le stressatissime linee interne liguri, necessita di una verifica di agibilità e di controlli necessari per mettere nero su bianco il via libera all’apertura del traffico, prevista per l’inizio di agosto. E chi dovrebbe compiere questo ultimo collaudo del nuovo ponte?
L’azienda che lo gestisce, cioè la tanta vituperata Autostrade. È il diritto, la necessità di riaprire il traffico ligure il prima possibile, la paura di un nuovo e dispendioso contenzioso, la realtà. La ministra cita “un’ipotesi di revoca” ancora vigente ma il paradosso è servito: il governo di cui fa parte quel Movimento 5 stelle che in questi due anni ha attribuito, ancora prima che lo facciano i tribunali, ai Benetton e ai dirigenti di Autostrade la responsabilità indiretta del crollo del ponte e della morte di 43 persone, affida adesso la manutenzione del nuovo ponte a questi stessi “mostri”. Così vuole il regolamento: la gestione del viadotto è prerogativa del suo concessionario, Autostrade. E sarà così fino alla fantomatica revoca, annunciata tante volte dai pentastellati. L’annuncio di ieri ha solo ribadito l’ovvio e il già noto. Ne prende atto il premier Conte: «È una situazione paradossale, ma attualmente i concessionari sono loro, dovremo intervenire in settimana».
Anche se nell’estate 2018 lo stesso premier, all’epoca alleato della Lega, diceva: «Non possiamo aspettare la giustizia penale, dobbiamo fare viaggiare i cittadini in sicurezza, attuando subito la revoca». Non si dà pace invece il reggente pentastellato Vito Crimi: «Il ponte di Genova non deve essere riconsegnato ai Benetton, questi irresponsabili devono ancora dare conto di quanto è successo. Il Movimento non arretra di un millimetro», in un tweet quasi auto-ironico. Il Pd è in imbarazzo, per un problema creato dagli alleati. Il governatore ligure Giovanni Toti, ricandidato alle regionali di settembre, infierisce: «Voi ridate il ponte ad Autostrade senza ottenere nulla. Per la tragedia del Morandi e per le sue 43 vittime nessuno ancora ha pagato. Mentre a Roma litigavate, noi in Liguria almeno abbiamo ricostruito il ponte. Forse abbiamo ringhiato meno di voi… ma visti i risultati…».
Ma soprattutto fa rumore la rabbia dei familiari delle vittime, quelli che il Movimento 5 stelle ha coccolato e illuso per due anni, annunciando spesso e con fare solenne da giustiziere e il volto cangiante ora di Conte, ora di Di Maio, ora dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, “giustizia per le vittime di Genova”, “strade sicure in tutta Italia” e la “revoca immediata” delle concessioni per Autostrade, una sorta di vendetta a mezzo business. Il presidente dell’associazione “Quelli del Ponte Morandi” così si è espresso: «Siamo rimasti basiti, siamo stati due anni a sentire che quel ponte lì veniva ricostruito e non sarebbe più stato gestito da Autostrade. E noi ci abbiamo creduto».
Egle Possetti, presidente del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi, invoca la “revoca immediata della concessione” e «notizie certe dal Governo entro la commemorazione del 14 agosto». Davanti a questa amarezza torna in mente l’immagine di Luigi Di Maio al governo e vice-premier da poco, applauditissimo -insieme a Matteo Salvini- due anni fa a Genova ai funerali delle vittime del crollo. L’ovazione a lui tributata coincideva con la speranza legittima e grossolana che il Movimento 5 stelle (e un po’ anche la Lega) finalmente al potere avrebbe elargito giustizia al popolo, inteso come deboli e offesi, contro i soliti ricchi e profittatori che stavolta non avevano rese sicure le nostre infrastrutture. E che l’avrebbe fatto subito e in barba al tempi lenti del diritto, ai compromessi della politica e dell’economia, alla ragion di Stato, alla realtà. Non è andata così. A Roma i pentastellati dopo aver promesso per anni la forca -tramite revoca delle concessioni- dei Benetton si adeguano obtorto collo al diritto e al business.
Intanto la Consulta, giudica “non fondate” le questioni di legittimità sollevate dal Tar Liguria sulle norme del decreto Genova che hanno previsto l’esclusione di Aspi dalla ricostruzione del viadotto Polcevera. Legittimo, insomma escludere i Benetton dalla ricostruzione, a causa della “gravità della situazione”. Passo che però cambia la storia di dietrofront e battaglie (perse) dai grillini sulla Tav, la Tap e l’Ilva. Il colorito botta e risposta indiretto tra Toninelli e Salvini su chi tra M5S e Lega ha “protetto” Autostrade e impedito la revoca la dice lunga su quanto forse fossero prematuri quegli applausi al funerale. E quanto invece complicato sia governare. Ieri a Genova è caduto un secondo ponte, ma probabilmente era solo una passerella dalla quale qualcuno ha promesso miraggi e vendetta a gente disperata. E non è successo solo lì negli ultimi tempi. Che la (drammatica e complessa) realtà sia di lezione.
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