Energia
Il Far West eolico corre in Sardegna, ma nel resto d’Italia si va a spanne
In Emilia-Romagna il Piano energetico ha fissato gli obiettivi per clima ed energia unendoli a quelli europei In Sicilia sono previsti 70 milioni di euro di incentivi per impianti fotovoltaici e accumuli. La partita è aperta
“Chiuderemo le centrali a carbone e da qui al 2030 finanzieremo con un miliardo di euro autoproduzione, comunità energetiche e autoconsumo”. Sulla transizione energetica Alessandra Todde alza la posta. Ma dal territorio – proprio mentre in Friuli la Regione ha presentato Io Sono Fvg, “modello innovativo di gestione dell’energia ed esempio di partecipazione collettiva alla sostenibilità energetica”, dice l’assessore Difesa dell’ambiente, Fabio Scoccimarro – le mobilitazioni lievitano. L’ultima l’hanno chiamata “La croce del popolo sardo”. Mette assieme sindaci, comitati, giovani. “Vinceremo questa battaglia”, dicono da “Pratobello 24”, 200mila firme per dire no a speculazioni e assalto a territori, coste e mare della Sardegna.
Insomma, il Far West eolico corre. E anche nel resto d’Italia si va a spanne o quasi. In Emilia-Romagna il Piano energetico ha fissato strategia e obiettivi per clima ed energia coniugandoli a quelli europei. Tra questi, riduzione delle emissioni climalteranti del 40% al 2030 rispetto al 1990 e incremento al 27% della quota di copertura dei consumi con le rinnovabili. In Sicilia sono previsti 70 milioni di euro di incentivi per impianti fotovoltaici e accumuli. Iter che dovrebbe rientrare nel Piano nazionale, che “prevede un intervento molto forte sull’energia: si deve voltar pagina per passare dal fossile al rinnovabile”, ha detto il ministro Pichetto Fratin.
Una sfida ad ampio respiro. Ma Sardegna-laboratorio non porta neppure bene. Per dire, a Marrubiu, centro a 80 chilometri da Cagliari, il movimento ha posto una croce in legno e una corona di spine ai piedi della prima pala eolica montata nell’isola. Un no secco a impianti eolici, fotovoltaici e agrivoltaici che “rischiano di segnare un punto di non ritorno per ambiente, paesaggio, tradizioni e identità sarda”. Il tutto plana in Consiglio regionale. Dall’esame della Legge Aree idonee della Giunta all’esclusione dalla discussione in Aula della “Pratobello 24”, legge di iniziativa popolare con 210mila preferenze. Il confronto è acceso: “Non vogliamo giochi di palazzo”. La replica della presidente? “Servono regole certe e lo stop alle speculazioni. La nostra sospensiva dello scorso luglio non ha intento punitivo ed è prioritaria la definizione delle aree dove vanno messi gli impianti delle rinnovabili”.
Alessandra Todde rimarca che la moratoria per 18 mesi sulla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili – legge impugnata dal governo Meloni davanti alla Corte Costituzionale, udienza di merito il prossimo 11 dicembre, non concessa la sospensiva richiesta dal Cdm – è sul tavolo. “Siamo la prima Regione che ha varato una legge sulle aree idonee. Con una strategia che prevede nuovo piano energetico regionale, regolamentazione su dove fare gli impianti e creazione di una società energetica regionale”, ha detto la Todde. Nella terra delle centrali a carbone, che bruciano il syngas (scarti di raffinazione che producono il 70% dell’energia elettrica nell’isola), la battaglia è di vecchia data. Basti dire che per la mancanza del metano i sardi pagano la bolletta un terzo di più rispetto al resto d’Italia. “Produrre energia dalle nostre materie prime, sole e vento, deve avere benefici sulle bollette di cittadini e aziende”. La partita è aperta.
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