C’è una storia italiana che andrebbe raccontata. I dati della Banca d’Italia sull’export italiano verso la Cina negli ultimi quindici anni mostrano un andamento abbastanza costante. Ma a febbraio di quest’anno c’è stato un boom pazzesco. La regione Marche improvvisamente registra un +101,9% rispetto a un anno fa.

Un’impennata che da sola ha contribuito di 2,8 punti percentuali alla crescita su base annua dell’export nazionale, che si attesta al +9,8%, e un aumento del 92% di tutto l’export nazionale verso Pechino. Ma cosa è successo? Tutto grazie alla vendita di un farmaco antivirale contro il Covid, il Paxlovid, prodotto nello stabilimento Pfizer di Ascoli Piceno.

Il sito produttivo marchigiano, che ha un volume di produzione di circa 130 milioni di confezioni di farmaci all’anno e rifornisce cento Paesi nel mondo, è stato selezionato della multinazionale americana per la produzione della compressa antivirale, che viene venduta a diverse centinaia di euro a unità. «Pfizer ha scelto il nostro stabilimento per via delle tecnologie presenti nel sito, per l’elevata professionalità delle persone che ci lavorano e per la capacità dimostrata negli anni nel garantire in maniera affidabile la fornitura di farmaci con elevati standard di qualità», ha spiegato Rossella Bruni, direttrice del sito produttivo. Un giro d’affari che vale 9 miliardi e mezzo di euro e che ha portato a un ampliamento dell’organico e a un piano di investimenti di oltre 30 milioni di dollari.

Ovviamente l’importanza di questo settore per l’industria italiana non riguarda solo questo farmaco, come è stato illustrato ieri a Roma durante l’assemblea annuale di Federfarma.
49 miliardi di euro di produzione nel 2022, di cui 47,6 miliardi di export, 3,3 miliardi investiti in produzione e Ricerca e sviluppo, 68.600 addetti, di cui le donne rappresentano il 44% del totale. Un’occupazione di qualità cresciuta del 9% in 5 anni, soprattutto tra i giovani (+16%) e le donne (+13%). Aziende farmaceutiche che sono anche all’avanguardia per gli standard di sostenibilità e nel welfare che assicura la conciliazione vita-lavoro.

Il contributo della farmaceutica diretto e con l’indotto totale è pari a circa il 2% del PIL. Con misure a favore degli investimenti, nel giro dei prossimi 5 anni si potranno centrare obiettivi altrettanto ambiziosi: contribuire all’incremento del PIL fino all’1%, aumentando l’occupazione di 20.000 addetti diretti e indiretti. Evidentemente non solo una industria necessaria per il pil, ma anche per la salute delle persone.

In dieci anni le persone che sopravvivono dopo una diagnosi di tumore sono 1 milione in più e oggi 2 persone su 3 alle quali viene diagnosticato un cancro sopravvivono dopo 5 anni, 30 anni fa erano 1 su 3 (l’83% di questo progresso si deve ai nuovi farmaci). In 20 anni è diminuita la mortalità del 28% e per le patologie croniche del 41%;

Alla presenza dei ministri Schillaci, Urso, Fitto e Bernini, il presidente di Farmindustria Marcello Cattani ha lanciato la richiesta di un rapido completamento della riforma dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA), per consentire di modernizzare le valutazioni delle terapie basate sul valore per migliorare ulteriormente la disponibilità e per gestire la spesa in modo compatibile con la presenza industriale.

Così come sono importanti regole nuove, innanzitutto nella gestione della spesa, che è fondamentale per l’attrattività degli investimenti, messa a forte rischio da livelli ormai insostenibili di payback, proiettati a 1,5 miliardi nel 2023 e 1,8 nel 2024 (15% del fatturato che lo sostiene).

Il presidente Cattani ha espresso la contrarietà del settore alla proposta di revisione della legislazione farmaceutica europea presentata dalla Commissione UE. Proposta che indebolisce la proprietà intellettuale e quindi la competitività e la qualità delle cure, con rischi anche per la salute dei cittadini. Riduce la data protection da 8 a 6 anni e l’esclusiva di mercato per i farmaci orfani da 10 a 9.

In Europa infatti si discute la riforma della farmaceutica ma, ha spiegato Fitto, «esistono delle questioni sulle quali siamo ancora critici e c’è una tempistica rispetto al percorso legislativo che potrebbe non concludersi in questo periodo finale di legislatura europea». Fitto ha annunciato che è stato costruito un documento di posizionamento, condiviso sia con i ministri delle Imprese Urso, dell’Università Bernini e della Salute Schillaci che con l’ente regolatorio Aifa, con Famrindustria e con tutti gli stakeholders. «Questo documento condiviso ha costruito una posizione italiana che ho presentato a fine marzo alla commissaria alla Sanità Ue Kyriakides, spiegando le nostre posizioni che, in parte, si sono ritrovate nella proposta della commissaria stessa. Ora esistono delle questioni sulle quali siamo ancora critici. C’è una tempistica, rispetto al percorso legislativo, lunga e complessa e potrebbe non concludersi entro questa fine di legislatura», ha aggiunto Fitto. Proprio in merito a queste criticità, il ministro ha specificato che esistono alcuni aspetti collegati alle condizionalità, sostanzialmente anche abbastanza difficili da raggiungere.

Tra i temi emersi all’assemblea di Farmindustria anche quello della carenza dei medici. «Da domani – ha annunciato il ministro Bernini – si attiva il gruppo di lavoro sulle specializzazioni universitarie, per razionalizzare, ottimizzare, sburocratizzare le specializzazioni, per programmare in futuro borse di specializzazioni più tarate sui reali bisogni del Paese».