Non solo hanno dovuto assistere all’omicidio della madre, Norina Matuozzo, 33 anni, uccisa con tre colpi d’arma da fuoco dal marito perché aveva deciso di lasciarlo, stanca dell’ennesimo tradimento. Ma sono anche stati costretti a entrare nel programma di protezione lasciando la loro città e i loro affetti perché il loro papà, Salvatore Tamburrino, 43 anni, dopo il femminicidio avvenuto il 2 marzo 2019 nell’abitazione dei nonni materni a Melito, comune a nord di Napoli, ha deciso di costituirsi alle forze dell’ordine dando il là a quelle “fibrillazioni“, così ribattezzate dall’allora questore di Napoli Antonio De Iesu, che portarono poche ore dopo alla cattura di Marco Di Lauro, quarto figlio del super boss Paolo Di Lauro, latitante da quasi 14 anni.
In sostanza Tamburrino, affiliato al clan e facente parte della cerchia ristretta di persone che curavano la latitanza di Di Lauro jr, avrebbe fornito informazioni decisive per arrivare alla cattura di “F4”. Di conseguenza dopo essere passato a collaborare con la giustizia, sono entrati nel programma di protezione anche i sue figli (e i nonni materni), che oggi hanno 16 e 9 anni. Mercoledì 13 ottobre Tamburrino è stato condannato dalla prima sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli all’ergastolo per l’omicidio di Norina, ammazzata nell’abitazione dei suoi genitori dove si era trasferita insieme ai figli dopo la separazione. Era sabato e si era recato lì per parlare armato di pistola, poi la tragedia e la fuga.
Anche in primo grado, il 3 marzo 2020, Tamburrino era stato condannato all’ergastolo al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dal vincolo sentimentale con la vittima, dalla presenza di figli minori e dai maltrattamenti.
La lettera della figlia: “Hai deciso di non fare alcuno sconto alla mia mamma, ci hai marchiati a vita”
Durissime le parole della figlia 16enne che, attraverso la pagina social ‘Giustizia per Norina Matuozzo‘ (che negli ultimi due anni ha tenuto vivo il ricordo della 33enne uccisa dal marito), ha pubblicato una lettera che ripercorre il calvario vissuto da quel maledetto 2 marzo 2019.
“Nonostante siano passati più di 2 anni e mezzo dall’evento che più mi ha segnata, trovo ancora assurdo il fatto di dover continuare a fare conti con la persona, o per meglio dire, la fonte del marchio nero che sarà per sempre riconducibile alla mia persona. La cosa più logica per ogni essere razionale che rientra nei canoni di “normalità morale” (cosa che tu, Salvatore, non hai), dopo aver commesso un atto di questo genere, sarebbe, semplicemente e come minimo, vivere la propria condanna tenendo la testa bassa, così come tu, Salvatore, hai sempre imposto di tenere quella di chi, più di tutti, avrebbe dovuta tenerla sempre alta.
Tu hai deciso di non fare alcuno sconto di pena alla mia mamma, e allora non meriti neanche tu di averli.
C’è una cosa su cui pongo spesso la mia attenzione: il sole oltrepassa, ogni giorno, il muro della notte per riprendersi la luce. Ecco, io l’ho fatto.
E ora che tu, Salvatore, sei nel buio, sei proprio sicuro di riuscire a trovare la luce?
Ho continuato ad avere fiducia nella giustizia ed oggi dico, con molta fierezza: Ergastolo per Salvatore Tamburrino”.
Sulla sentenza si è espressa anche Elda Matuozzo, sorella di Norina: “Abbiamo trovato una corte giusta, perché questo è stato un processo per un femminicidio dove non era giusto che l’imputato facesse valere il suo stato di collaboratore. E’ stata dura, ci siamo battuti molto per evitarlo. Quando è stata letta la sentenza, ho rivolto lo sguardo verso la foto di mia sorella e le ho detto: ‘hanno dato il giusto valore alla tua perdita, valevi tanto come persona e anche lo Stato te lo ha riconosciuto. Comunque – conclude Elda – diventerà questa una vittoria a 360 gradi quando tutti i femminicidi saranno puniti con il massimo della pena”.