Il fiasco olimpico di Macron che rifiuta la realtà e non segue l’umile Mattarella e il modello anglosassone più forte delle fake di Musk

C’è qualcosa di malinconico, in tanta grandeur sprecata. Colpisce vedere la sempre divina Parigi prima degradarsi in una mal riuscita parodia dell’ultima cena, poi sfiorire nella fuga degli atleti dalle stanze senza aria condizionata e dai cibi con i vermi del villaggio olimpico. Lascia attoniti che una così plateale volontà di stupire il mondo finisca in casi diffusi di gastroenterite. Il crack organizzativo delle Olimpiadi francesi porta in sé il germe pericoloso che indebolisce le democrazie nel momento in cui sono più fragili: non voler vedere la realtà, convincersi di poter bastare a sé stesse con qualche colpo di teatro.

L’ego di Macron, l’umiltà di Mattarella

Non è un caso se la Francia è lo stesso paese che si è illuso di poter risolvere con un colpo di bacchetta magica la sua crisi politica: il Parlamento sciolto, il voto dopo tre settimane, la coalizione fra diversissimi per arginare i barbari. Il risultato è una paralisi che nessuno sa come risolvere. I Giochi hanno fatto il resto. Francesco Rutelli, come esempio di potere vincente, cita Sergio Mattarella: “Se Macron avesse rinunciato alla sua tribuna protettiva dalla pioggia, mentre i rappresentanti del mondo intero erano sotto il diluvio… La prova di umiltà di Mattarella con l’impermeabilino di plastica è stato invece un esempio di soft power più efficace di mille conferenze”. Se Parigi ci insegna come “non” reagire alle crisi geopolitiche, gli esempi virtuosi ci vengono dal mondo anglosassone. Harris. Walz, Starmer. Risalta, negli Stati Uniti e in Inghilterra, la capacità di sapersi guardare allo specchio senza sconti per recuperare slancio. Le elezioni americane si erano ormai avvitate su un esito scontato e segnato da fatti di sangue che avevano capovolto la realtà. Da mandante di un attentato alla democrazia come quello di Capitol Hill, Donald Trump si era trasformato in vittima.

La svolta di Kamala Harris ha lasciato tutti di stucco, perché fotografa la capacità reattiva di una democrazia che non si inchioda ai suoi errori. Prima il fiume di finanziamenti, poi la grinta inattesa di una candidata che aveva abituato tutti al basso profilo, poi ancora la nomina a vice di Tim Walz, il politico-allenatore di football che interpreta la vitalità ideale del cuore politico americano, il sempre cruciale Midwest. E dal Minnesota parte la definizione che più agita Trump, “weird”, cioè un po’ toccato di testa, e fa impressione vedere l’irritazione di Trump, uno che fino a ieri volteggiava sereno sulle accuse di essere un eversore o un pagatore di pornostar.

Il modello anglosassone più forte delle fake di Musk

A Londra, intanto, il neo-premier Keir Starmer, eletto dopo un lungo periodo di declino inglese nel mondo, tiene testa a tre nemici contemporaneamente. I disordini di piazza alimentati da un’estrema destra rabbiosa e razzista, che usa come pretesto un tragico fatto di cronaca. Gli attacchi di uno degli uomini più potenti del mondo, Elon Musk, che dalla sua “X” evoca, e quindi indirettamente incoraggia, una guerra civile. Le fake news costanti, veicolate via social per eccitare gli animi. Lui mostra di reagire con fermezza e senza perdere la bussola dei valori civili e dell’ordine pubblico. Il modello anglosassone ci racconta molto. Non è un caso che con Starmer siano tutti i democratici e persino i suoi avversari conservatori. E dall’altra parte del mare, mentre riprende vigore l’idea di un’alleanza Usa-Europa che dopo novembre resta salda, l’ex presidente Jimmy Carter dichiara che al compiere cent’anni preferisce veder risorgere l’America con Harris e Walz.