Il figlio del dittatore Ferdinand Marcos ha vinto le elezioni presidenziali nelle Filippine. Ferdinand Marcos Jr, noto anche come “Bongbong”, 64 anni, avrebbe ottenuto quasi 31 milioni di voti, circa il 59% delle preferenze. Per i risultati definitivi ci vorrà però ancora tempo. Quello che è certo è che le urne hanno premiato anche Sara Duterte, figlia del presidente uscente Rodrigo Duterte, che sarà vicepresidente. Sulle Filippine aleggia ora l’ombra della dittatura – una delle più sanguinose del Novecento – e degli anni violenti della “guerra alla droga” di Duterte.

Staccati a circa 15 milioni di voti, più o meno il 28%, l’attuale vicepresidente Leni Robredo, e il famosissimo ex pugile, Manny Pacquiao, il campione conosciuto in tutto il mondo che si è fermato al sette per cento. Robredo ha ottenuto comunque un risultato notevole: unica donna tra dieci candidati, avvocata per i diritti umani, è stata una dei protagonisti più influenti dell’opposizione a Duterte. È considerata l’erede dei movimenti democratici che hanno animato la storia del Paese e che si sono opposti al regime di Ferdinand Marcos.

Marcos figlio partiva favorito. Durante la campagna elettorale ha provato a riabilitare i violenti anni di regime del padre – dal 1965 al 1986 – durante i quali decine di migliaia di oppositori politici furono torturati o uccisi. Marcos era entrato in politica poco dopo l’indipendenza dagli Stati Uniti, ottenuta nel 1946. Vinse le elezioni presidenziali nel 1965 con il Partito Nazionalista con lo slogan che voleva rendere “great again” le Filippine. Durante il primo mandato l’economia crebbe grazie alla creazione di debito estero e si configurò il cosiddetto “complesso dell’edificio” che ispirò la realizzazione di opere architettoniche enormi e spesso inutili. La principale promotrice di questa politica fu Imelda Marcos, moglie di Ferdinand, che governò con il marito, famosa per la sua collezione di 3.000 paia di scarpe – aneddoto spesso citato nella descrizione della cleptocrazia filippina.

Dopo la rielezione e la crisi, attentati e proteste, nel 1972 Marcos annunciò l’imposizione della legge marziale in tutto il Paese che restò in vigore per 14 anni. Le Filippine continuavano a godere del sostegno degli Stati Uniti nell’ambito della Guerra Fredda. Secondo una commissione governativa istituita dopo la caduta del regime 2.300 persone furono uccise e 1.900 torturate per ragioni politiche. L’oppositore Benigno Aquino Jr. venne ammazzato mentre scendeva le scalette dell’aereo che lo riportava a Manila per trovare un accordo con Marcos su nuove misure economiche e una transizione politica.

La Rivoluzione del Rosario del 1986, con enormi proteste e boicottaggi, chiarì che il popolo non era più con il potere. Il 25 febbraio del 1986 Marcos e la sua famiglia lasciarono le Filippine per gli Stati Uniti portando con sé beni di lusso e Corazon Aquino, vedova di Benigno, divenne presidente. Le inchieste dimostrarono come la famiglia presidenziale avesse rubato oltre 10 miliardi di dollari allo Stato. Il dittatore morì nel 1989.

Tutto questo non ha impedito a Marcos di presentarsi come un leader unificatore in un momento di grave crisi economica per il Paese. Quando il regime del padre crollò aveva 28 anni ed era stato nominato da suo padre governatore della provincia di Ilocos Norte. Ha descritto quegli anni come una sorta di “Età dell’oro” filippina. La guerra alla droga senza quartiere – e in violazione di molteplici diritti umani – condotta da Duterte ha portato secondo organizzazioni umanitarie a circa seimila vittime tra raid ed esecuzioni. Gli insediamenti di Marcos e Duterte si terranno il prossimo 30 giugno. Potranno governare rispettivamente per massimo uno e due mandati secondo quanto detta la Costituzione filippina.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.