Perché la Harris ha perso? Per un solo motivo: non aveva altro da offrire se non di essere l’unica alternativa a Donald Trump. Un buon motivo per i milioni che odiano Trump, ma insufficiente per la maggioranza degli americani. Alla fine, ha giocato contro di lei il fatto di essere donna e di colore, perché si tratta di due elementi biologici, razziali e di genere, e la nuova generazione che si è presentata ieri per la prima volta al voto in America, non è soltanto insensibile a questo genere di richiami, ma è irritata.

Come si può proporre un candidato che non ha da offrire una politica e neanche un sogno, ma che dovrebbe attrarre soltanto tutti coloro che detestano Trump? Non funziona e non ha mai funzionato. La prova? Alle elezioni del 5 novembre ha partecipato una maggioranza di donne superiore a quella di quattro anni fa. E dunque sono molte di più degli uomini: i numeri mostrano che dove Trump ha vinto la maggioranza delle donne lo ha votato, anche le donne nere appartenenti a quel venti per cento di americani di pelle nera che portarono Biden nel 2020 alla Casa Bianca e che ora hanno abbandonato il partito Democratico. Quel partito ha potuto offrire soltanto lo scambio di commiserazione e voti, accesso all’aborto fulmineo e nessun vero progresso sociale.

L’antropologia della Harris

E poi c’è la antropologia della Harris. Fu scelta da Biden perché era una donna dalla pelle un po’ bruna, essendo figlia di un’emigrata indiana, e poi una donna, utile per la propaganda. La Harris non aveva mai fatto politica, anche se aveva alle spalle una carriera di magistrato eletto, sia come procuratore capo di San Francisco che dello Stato della California. Per i primi anni della presidenza Biden, la Harris era una figura più o meno oscura, nell’ombra, che assolveva compiti di rappresentanza di seconda fila. E nel partito democratico erano tutti molto preoccupati per la scelta di Biden, perché consideravano l’eventualità di una presidenza Harris come una sciagura. Biden ancora non aveva dato quei segni di fragilità psichica e fisica poi usati per metterlo fuori gioco. Ma un vicepresidente esiste nella costituzione americana solo per questo: sostituire il presidente nel caso di morte o di grave impedimento fisico. Fu ciò che accadde quando John Fitzgerald Kennedy fu assassinato a Dallas e davanti alla sua vedova dal vestito insanguinato, lo sconosciuto vicepresidente Lindon Johnson giurò sulla Bibbia e sostituì il Presidente ucciso. E fu lui a portare a termine il grandioso piano di distruggere l’apartheid degli Stati del Sud usando la guardia nazionale.

Soluzione mordi e fuggi

La Harris non ha mai fatto e tantomeno vinto le primarie ed è stata la soluzione mordi e fuggi quando il partito democratico ha deciso troppo tardi di non poter sostenere la candidatura di Joe Biden traballante e mentalmente confuso. Da quel momento Kamala Harris uscì dal guscio in cui era vissuta, cominciò a truccarsi e a vestirsi in modo più visibile. E a ridere, a ridere e ancora, ridere smodatamente e senza alcun motivo. Nella sua risata ossessiva, benignamente accolta come un segno di vaga allegria, non c’era altro che la sua totale incapacità di concludere un discorso. Per lei è stata messa su una squadra di allenatori teatrali, vocali, di portamento, di dedizione, l’hanno sottoposta a un training militaresco di quelli su cui prima o poi qualcuno fa un film. Ha ripetuto a memoria il ritornello con cui lei risponde a qualsiasi domanda le facciano: “Io vengo dalla middle class”. Dopo i primi 10 giorni non appena pronunciava queste parole tutti scoppiavano a ridere e decine di donne imitatrici si sono specializzate ciascuna nel mettere in scena la sua Kamala Harris, come una caricatura di donna cui hanno detto che potrebbe anche vincere la lotteria di White House: sia perché è una donna, sia perché ha la giusta gradazione bruna. I voti, dicevano, verranno da soli.

Il flop

All’inizio funzionò: gli elettori di sinistra avevano un’alternativa a Trump: una donna e anche di colore. Le prime crepe si sono viste quando la Harris ha evitato sistematicamente di rispondere a tutte le domande su quel che avrebbe fatto da presidente, ripetendo a macchinetta frasi fatte come “proteggerò il piccolo business della classe media”. Poi fece brusca una svolta a sinistra pro-Palestina e una a destra per il pugno di ferro contro gli immigrati illegali: disse di avere un revolver nella borsetta e che se avesse trovato un intruso in casa, l’avrebbe fatto secco senza pensarci due volte. Fu allora che Donald Trump disse in un comizio: “Portate a Kamala Harris uno dei nostri cappelli Maga perché quella è molto più a destra di noi”. Ed è stato così che l’ologramma del candidato da laboratorio Kamala Harris ha fatto flop e alle quattro del mattino di ieri è uscita di scena senza concedere la vittoria al vincitore.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.