La condanna senza che il difensore avesse discusso
Il giudice intoccabile, strappa la sentenza sbagliata e viene graziato perché “stressato” dal troppo lavoro

Un collegio di giudici piemontesi infligge 11 anni di reclusione ad un imputato di violenza sessuale, senza che il difensore avesse discusso. La vicenda è formidabile, e merita attenzione. Innanzitutto, di essa ha dovuto occuparsi la Procura di Milano, giacché il Presidente del Collegio, resosi conto del pasticcio, aveva strappato il dispositivo della sentenza (e invitato la difesa a discutere!), così commettendo falso per soppressione. Ma la Procura di Milano, di solito così severa ed inflessibile, più che mai in relazione a questo genere di reati, ha richiesto – ed il GIP ha disposto – l’archiviazione: si trattò di errore, mancò il dolo.
Non è disponibile (dubito lo sarà mai) la motivazione di questa singolarissima decisione; dunque, occorre fare uno sforzo di fantasia. Avrà strappato la sentenza da lui stesso vergata perché in quel momento era distratto dalle urla del difensore; o piuttosto perché spaventato di averla tra le mani, immaginandola scritta da una entità sovrannaturale che in quei drammatici momenti gli è parso lo avesse posseduto; o forse l’ha confusa con un fazzolettino di carta appena usato per soffiarsi il naso. Non so immaginare altre ipotesi, conoscendo bene la severa giurisprudenza sul dolo in questa materia. Non è stato meno divertente il procedimento disciplinare, che intanto ha sanzionato il solo Presidente, giacché le due giudici a latere hanno adottato il famoso schema argomentativo del grande Totò: “E che so’ Pasquale io?!”, e se la sono cavata alla grandissima. Al Presidente, un buffetto sulla guancia, cioè la sanzione minima, la censura.
A quanto pare, tanta indulgenza è conseguita alla considerazione che, in fondo, l’imputato non ha subito nessun danno, anzi, gli è andata di lusso perché nel giudizio infine celebrato avanti a diverso collegio, lui ha avuto solo sette anni e la moglie è stata addirittura assolta, dunque ringraziasse il cielo. Ma anche questa minima sanzione è stata annullata dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione, che ordinano un nuovo giudizio nel quale il Giudice disciplinare dovrà mostrare ben altra considerazione del tema difensivo principale, assai superficialmente liquidato: l’incolpato, al momento del fatto, era stressato. Proprio così: stressato dal troppo lavoro. Come avvocato penalista, saluto con favore questi autorevoli precedenti. Ne faremo uso nella nostra quotidianità professionale, e siamo certi che essi ci apriranno le porte ad insperati successi. L’amministratore della società fallita ha bruciato le scritture contabili? Fu un fatale errore. Il funzionario delle agenzie delle entrate ha omesso di segnalare l’evasore? Era stressato per il troppo lavoro. Non ci avevamo pensato. E dunque, sincere congratulazioni al difensore, che leggo essere stato l’ex Procuratore di Torino Marcello Maddalena. Anche se d’istinto, non chiedetemi perché, mi viene in mente quello slogan pubblicitario, quello che diceva: “Ti piace vincere facile eh?”. Oh, senza offesa, ben s’intende.
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